Siamo spesso abituati a misurare il valore dell’istruzione universitaria attraverso l’investimento economico richiesto e il ritorno in termini di prospettive lavorative. Quali lauree danno più reddito? Ce lo rivela l’ultimo University Report 2023, un dettagliato studio dell’osservatorio di JobPricing, che ha esplorato l’efficacia dell’istruzione universitaria in Italia come investimento per i giovani.  

Quali lauree danno più reddito: cos’è l’University Report 2023

L’University Report è una ricerca divulgativa che esamina l’impatto dell’istruzione, in particolare terziaria, sulla carriera e il salario dei lavoratori italiani. Realizzato in collaborazione con LHH Recruitment Solutions, una divisione di The Adecco Group, il report ha come obiettivo quello di fornire dati oggettivi sull’effetto dell’istruzione sull’accesso al mercato del lavoro. Il report è caratterizzato da un indice chiamato University Payback Index, che stima il tempo medio necessario per recuperare l’investimento in istruzione in base all’università frequentata. Il report offre una serie di analisi del mercato del lavoro e dei salari, permettendo di valutare quanto ogni livello di istruzione sia competitivo sul mercato e quanto garantisca una crescita salariale sostenibile nella carriera di un lavoratore.

Il primo principio del Pilastro europeo dei diritti sociali sottolinea l’importanza dell’istruzione di qualità e dell’apprendimento permanente per l’integrazione sociale e la gestione delle transizioni nel mercato del lavoro. L’Education and Training Monitor fornisce una panoramica della situazione educativa a livello dell’UE e ha stabilito degli obiettivi per il 2030. Tuttavia, il sistema educativo italiano è stato riconosciuto come uno dei più deboli, non avendo raggiunto gli obiettivi stabiliti da Europa 2020 e avendo subito ulteriori colpi a causa della pandemia COVID-19. In particolare, l’Italia ha una bassa percentuale di laureati e un tasso di abbandono scolastico più alto rispetto ad altri paesi. Questo deficit di laureati ha un impatto tangibile sulla realtà economica italiana, con il paese che lotta per recuperare terreno dopo la crisi finanziaria del 2008 e la pandemia.

Lo scenario italiano e i problemi da risolvere

A ogni modo, l’istruzione è vista come la chiave per innescare un processo di ripresa. L’orientamento della società e del mercato del lavoro verso risorse umane di alta qualità, insieme ai fondi stanziati dal Next Generation EU, creano un’opportunità per rilanciare l’economia italiana. Con i cambiamenti nel mercato del lavoro dovuti alla digitalizzazione, alla transizione ecologica e all’inclusione sociale, si prevede una maggiore necessità di lavoratori altamente qualificati.

Tuttavia, l’istruzione terziaria in Italia affronta diverse criticità. Un alto tasso di disoccupazione giovanile, in particolare tra coloro con meno istruzione, e un basso tasso di iscrizione all’università contribuiscono a un panorama educativo difficile. Inoltre, l’Italia ha alti livelli di disoccupazione in generale, anche se ci sono segni di miglioramento. Tuttavia, coloro con un’istruzione superiore tendono ad avere livelli di occupazione più alti e tassi di disoccupazione e inattività più bassi. Nonostante le sfide, l’istruzione terziaria sembra fornire una maggiore stabilità nel mercato del lavoro, soprattutto durante i periodi di crisi.

NEET: Italia sotto solamente alla Romania

L’alta disoccupazione giovanile in Italia sta portando ad un aumento del numero di giovani che rientrano nella categoria dei NEET, ossia coloro che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in formazione professionale. Questo tasso rappresenta il 19% dei giovani tra 15 e 29 anni, in diminuzione rispetto al 23,1% del 2021, ma l’Italia si trova ancora in una posizione sfavorevole in confronto ad altri Paesi dell’Unione Europea, seconda solo alla Romania. È un problema particolarmente sentito nel Sud Italia e tra le donne.

Lavoratori sovraistruiti e laureati sbalzati fuori dal proprio campo

Un’altra problematica derivante da alti livelli di disoccupazione giovanile è l’elevato numero di lavoratori sovraistruiti, cioè coloro che sono costretti a occupare posti di lavoro per i quali hanno una formazione superiore a quella necessaria. Nel 2022, il 26% dei lavoratori rientrava in questa categoria, con una percentuale maggiore tra le donne e i giovani tra 15 e 24 anni.

Un fenomeno correlato è il cosiddetto “mismatch orizzontale”, che riguarda laureati che svolgono lavori non correlati al proprio campo di studi. Questa situazione è più frequente nei primi anni di lavoro e può essere parzialmente risolta con il tempo.

Quali lauree danno più reddito, infine?

L’area di studi scelta può influenzare significativamente le possibilità di trovare lavoro. Laureati in discipline come informatica, tecnologie ICT, ingegneria industriale e dell’informazione, sanità e farmaceutica, architettura e ingegneria civile, tendono ad avere più possibilità. Invece, i laureati in psicologia, arte, design e diritto hanno più difficoltà.

L’alta domanda di competenze tecniche non è soddisfatta dall’offerta attuale di laureati, mentre esiste un eccesso di laureati in campi meno richiesti. Questo sottolinea l’importanza di avere un quadro chiaro delle tendenze del mercato del lavoro per guidare le scelte formative dei futuri laureati.

L’interazione tra università e imprese può migliorare l’allineamento tra formazione e domanda di lavoro, in particolare combinando competenze tecniche e umanistiche. Tuttavia, la capacità delle imprese di assorbire lavoratori altamente qualificati è limitata, in particolare nelle piccole imprese, contribuendo al fenomeno della fuga di cervelli. Questo problema è accentuato da bassi livelli di investimento in Ricerca e Sviluppo.

Non esiste una soluzione immediata a questi problemi. Le imprese devono investire in innovazione e sviluppo, e offrire salari competitivi per attirare talenti. D’altro canto, i futuri lavoratori devono essere consapevoli dell’importanza delle competenze digitali e tecnologiche.

Nonostante il sistema educativo italiano non sia tra i più avanzati in Europa, con una spesa per l’istruzione che ammonta solo al 4,3% del PIL rispetto al 5% della media europea, l’investimento in istruzione rimane quindi fondamentale. Infatti, si osserva un legame diretto tra il livello di istruzione e le opportunità di lavoro. Con un’istruzione di livello più alto, aumentano le possibilità di impiego e le prospettive di carriera, così come le potenziali entrate.

Conviene laurearsi in Italia?

Ma, è davvero conveniente laurearsi in Italia? La domanda del mercato del lavoro e le prospettive di guadagno futuro giustificano l’esiguo numero di laureati nel nostro paese? In quali corsi e atenei è possibile trovare le migliori opportunità?

Secondo il report di JobPricing, un’istruzione di livello universitario rappresenta un importante acceleratore di carriera. I dati mostrano che avere un titolo universitario permette, in media, di accedere a un salario del 45% più alto rispetto a un non laureato, con una differenza salariale media di circa 13.000 euro.

Tuttavia, non tutti i percorsi universitari sono uguali. Esiste una notevole differenza tra i vari corsi di laurea e gli atenei nei quali vengono studiati. Ad esempio, le università private e i politecnici tendono a garantire un salario più alto rispetto alle università pubbliche, e le università del Nord Italia sembrano offrire un ritorno economico più alto rispetto a quelle del Sud.

Quali lauree danno più reddito: i corsi più remunerativi

Analizzando i percorsi di laurea dal punto di vista economico, risulta evidente quali offrano le migliori prospettive salariali. Secondo l’University Report 2023 di JobPricing, i laureati in ingegneria chimica e dei materiali hanno in media il salario più alto (33.519 euro), mentre quelli in psicologia e pedagogia hanno il salario più basso (27.709 euro).

Ecco un elenco completo delle aree disciplinari e della RAL media per i laureati di età compresa tra 25 e 34 anni:

  • Ingegneria Meccanica, Navale, Aeronautica e Aerospaziale: 34.626 euro;
  • Ingegneria Gestionale: 34.391 euro;
  • Ingegneria Informatica, Elettronica e delle Telecomunicazioni: 34.309 euro;
  • Scienze matematiche e informatiche: 34.241 euro;
  • Ingegneria Chimica e dei Materiali: 33.733 euro;
  • Scienze economiche: 33.535 euro;
  • Scienze statistiche: 33.326 euro;
  • Scienze fisiche: 33.203 euro;
  • Scienze chimiche: 32.334 euro;
  • Ingegneria civile e Architettura: 32.226 euro;
  • Scienze giuridiche: 32.159 euro;
  • Scienze mediche: 31.318 euro;
  • Scienze biologiche: 31.222 euro;
  • Scienze politiche e sociali: 30.796 euro;
  • Lingue e letterature straniere moderne: 29.866 euro;
  • Scienze storiche e filosofiche: 29.616 euro;
  • Scienze pedagogiche e psicologiche: 28.916 euro.

Fabbisogni occupazionali nel futuro prossimo

Un altro fattore da considerare è la prospettiva di domanda di lavoro nei prossimi cinque anni. Secondo uno studio di Unioncamere-ANPAL e Sistema Informativo Excelsior, il fabbisogno occupazionale previsto per il periodo 2021-2025 varierà tra 933.000 e 1.300.000 posti di lavoro, a seconda dello scenario che si realizzerà.

In termini di settori specifici, i servizi dovrebbero esprimere la maggior parte del fabbisogno, con una domanda prevista tra 861.000 e 1,1 milioni di lavoratori. Per l’industria, si prevede un incremento tra 63.000 e 128.000 lavoratori e per l’agricoltura tra 9.000 e 29.000 unità.