Se lo scenario post voto di Spagna sembrava complicato, il conteggio delle schede degli spagnoli all’estero non ha di certo migliorato la situazione anzi, l’ha ulteriormente complicata. Infatti, il PP (Partito Popolare) è riuscito a strappare un seggio al PSOE (Partito Socialista). Si complica, quindi, la strada per Pedro Sanchez che sembrava avviato verso una naturale investitura. Il Presidente uscente è emerso come lo sconfitto/vincitore delle elezioni: alle spalle del PP ma con la possibilità, alleandosi con Sumar ed altri partiti regionalisti più piccoli, di mettere su una maggioranza relativa. Al netto del voto all’estero, però, questo potrebbe non essere più possibile. Vediamo perché.
I nuovi numeri
La situazione, ora, è la seguente: PP e Vox raggiungono 172 seggi contando anche i due della Coalizione isole Canarie e UPN. Dall’altra parte abbiamo PSOE, Sumar, Erc, Eh Bildu, EAJ-PNV, BNG. Totale: 171 seggi. Uno in meno, proprio quello strappato, nel collegio di Madrid, dal PP.
Cosa deve fare Sanchez per governare
La situazione giocava tutta a favore del Presidente uscente perché forte dei suoi 172 seggi aveva la possibilità di formare un governo grazie alla potenziale astensione di Junts per Catalunya: il movimento indipendentista catalano guidato dall’ex Presidente della Generalitat, Carles Puigdemont. La nuova fotografia non rende più percorribile questo scenario: Sanchez avrebbe bisogno non solo dell’astensione di Junts ma del suo voto favorevole, o quantomeno il voto favorevole di due di loro. L’alternativa è che il Presidente uscente convinca l’eletta di Coalicion Canaria ad entrare nella sua maggioranza. Insomma, il percorso è accidentato. Anche se fonti del PSOE riportate dall’AGI non sembrano particolarmente provate dalla nuova situazione: “Non cambia la situazione per formare maggioranze”. E poi:
I catalani dovranno decidere se unire le forze con PP e Vox, e aprire la porta a un governo di destra con l’estrema destra o unirsi al resto delle forze politiche per evitarlo esattamente come ieri
Il ruolo di Carles Puigdemont
L’eletta della coalicion canaria parte nello schieramento PP-Vox ed è da capire se questo sarà suscettibile di modifiche e se si avrà l’intenzione di entrare in una trattativa con il PSOE. In questo momento, quindi, l’ago della bilancia rimane Puigdemont. I rapporti non sono particolarmente esaltanti né con il PP né con il PSOE ma al momento la possibilità di dialogo è stata data solamente al partito Socialista. Il PP, d’altronde, è quel partito che, sotto la presidente di Rajoy, ha optato per l’arresto di Puigdemont quando questo avallò il referendum per la indipendenza catalana. Intanto Patricia Plaja, portavoce della generalitat catalana, rivendica il ruolo di Junts ai fini della costruzione del governo. Il commento:
Senza rispettare la Catalogna e la sua voce, non c’è governo nello Stato, è semplice e chiaro. Se coloro che dicono di essere a sinistra vogliono governare lo Stato, sono obbligati a negoziare e ad ascoltare le richieste dei catalani
Lumicino PP
Le chance maggiori, a questo punto, passano dal PSOE al PP. Tuttavia, Alberto Núñez Feijóo deve fare i conti con l’osteggiamento di Puigdemont che dovrebbe almeno astenersi. Un’astensione che vale come placet per la formazione del governo e che quindi avrebbe un costo.
Le regole
Facciamo un ripasso. Il 17 agosto si insedierà il nuovo Parlamento e gli uffici di presidenza entreranno in funzione. Il primo passo sarà eleggere il presidente d’aula e poi inizieranno ufficialmente i passi verso la (tentata) formazione del governo. Il Presidente incaricato, con atto del Re controfirmato dal Presidente del Congresso, dovrà ottenere la maggioranza assoluta (176) in prima votazione o la relativa (più si che no) alla seconda chiamata. Se i tentativi dovessero andare a vuoto il Re potrebbe anche decidere, dopo due mesi, di sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni. Una via che sia il PP che il PSOE vorranno scongiurare. Nel sottobosco della politica spagnola, le trattative sono già in corso.