La pandemia, i cambiamenti climatici fanno ripensare il concetto di città e si sviluppa il dibattito tra urbanisti e architetti, filosofi e politici. Mi è capitato di rileggere un’intervista al mensile Espansione di Ettore Mocchetti, morto qualche mese fa e per lungo tempo un mito nel mondo dell’arredamento, dell’architettura e del design, per quasi quarant’anni alla direzione di AD, la rivista cult che aveva fondato nel 1981 con l’editore Giorgio Mondadori.
Nell’intervista Mocchetti diceva che l’emergenza coronavirus ci costringe a ripensare le città: “C’è bisogno di spazi esterni, di balconi, di terrazze, giardinetti. Una volta si costruivano piccole case, c’erano anche a Milano, oggi non più, e avevano piccoli giardini. Insomma, c’è bisogno di spazi esterni anche nei condomini”. Oltre al verde c’è bisogno di piccoli negozi: “Il commercio di vicinanza è utile nella città che dobbiamo ripensare. Oggi i grandi supermercati hanno messo in difficoltà i commercianti, che subiscono la crisi più di altri e vanno aiutati. La città va ripensata, in un certo senso dovrebbe esserci un ritorno all’antica. Penso al ruolo della piazza, come spazio di incontro, di aggregazione. L’uomo è un animale sociale, ha bisogno di incontrare gli altri. C’è bisogno non di grandi palazzi ma di costruzioni dove ci sia la possibilità di incontrare gli altri”.
Più verde, più giardinetti, più negozi di vicinato nel futuro
E poi il verde: “I giardinetti, le piante. Il verde può mascherare tanti disastri che sono stati fatti nelle città e può anche aiutare a renderle più umane, a misura d’uomo, che poi deve essere al centro di tutto”.
Architettura, tecnologia, ambiente, temi da sviluppare. Ci vorrebbero gli “Stati Generali” per definire una nuova idea, dove si confrontano più esperienze, l’architetto, il sociologo, l’ingegnere e tutte le professionalità che possono esprimere considerazioni utili per ripensare la vita delle e nelle città.
Stefano Bisi