Si fa strada l’ipotesi di un regolamento di conti tra bande dedite allo spaccio nelle indagini riguardanti la morte di Mohamed Abdalla, il 19enne di origini egiziane trovato senza testa e mani nel mare di Santa Margherita Ligure, a Genova. Secondo l’autopsia, il giovane sarebbe stato ucciso e gettato in acqua tra sabato e lunedì. Per ora non si esclude nessuna pista.

A che punto sono le indagini sul 19enne trovato senza testa e mani in mare a Genova

Il ritrovamento risale al 26 luglio scorso. Prima una mano, poi il corpo – senza testa – di un 19enne di origini egiziane erano emersi dall’acqua a Santa Margherita Ligure, trascinati dalla corrente. Il giovane, arrivato in Italia nel 2021 dopo aver attraversato il Mediterraneo, si chiamava Mahmoud Sayed Abdalla e lavorava come apprendista barbiere in un locale di via del Campo nell’ambito di un progetto ideato e sviluppato dalla cooperativa sociale il Ce.Sto.

Non ha mai dato problemi. È arrivato nel periodo in cui nel nostro Paese sbarcavano tantissimi ragazzini dall’Egitto,

è stato detto di lui. Eppure, per qualche motivo, qualcuno l’ha ucciso, in maniera brutale, con un punteruolo infilzato dritto al cuore, non prima di averlo colpito al fegato e all’addome. Secondo il medico-legale che ne ha esaminato la salma, sarebbe stato gettato in acqua tra sabato e lunedì scorsi. Una volta in mare, l’impatto con l’elica di qualche imbarcazione ne avrebbe provocato ulteriori ferite al collo e alle braccia. Non è chiaro se le mutilazioni siano state inferte prima dell’abbandono del corpo, forse nel tentativo di evitarne il riconoscimento, o dopo.

Le indagini, coordinate dal sostituo procuratore Daniele Pischetola, proseguono serrate e si concentrano sulle abitudini del 19enne. L’obiettivo è ricostruire le ore precedenti al delitto. A questo scopo, nelle scorse ore gli inquirenti hanno già raccolto le testimonianze di amici e conoscenti, inclusi la fidanzata e il fratello del 19enne, che vive a Milano. L’ipotesi è che il giovane possa essere stato preso di mira nell’ambito di un regolamento di conti tra bande rivali nell’ambito dello spaccio di droga. C’entrerebbe, quindi, la microcriminalità organizzata delle cittadine di Tigullio di Lavagna – dove sarebbe stato ucciso – e Chiavari. Per il momento, comunque, non si esclude nessuna pista.

La denuncia della cooperativa il Ce.Sto

Meritava possibilità diverse, un futuro diverso. Questo è l’unico pensiero possibile e solo a partire da questo si può ragionare. Possono, educatori, educatrici, operatori e operatrici sociali, salvare vite o percorsi? Non è questo il punto, non è questa la domanda. Il punto è chiedersi, di nuovo, se noi tutti facciamo davvero abbastanza, se il sistema, a tutti i livelli, fa abbastanza. Quando ci occuperemo davvero della questione? Dobbiamo lavorare insieme per darci risposte e storie con finali diversi,

hanno ribadito, riflettendo sul ruolo della società in vicende come queste, dalla cooperativa di cui il 19enne faceva parte. Sembra che il ragazzo avesse alle spalle solo un precedente, una denuncia per lesioni seguita a una rissa consumatasi con un coetaneo all’interno dell’istituto di cui era ospite. Nelle sue urine sarebbero state trovate tracce di anfetamine.

In tanti si chiedono come sia possibile che qualcuno abbia deciso di strappargli la vita in un modo così orribile. E se, in qualche modo, si sarebbe potuto evitare. Resta, come spesso accade in casi simili, la sensazione di impotenza che si prova nel sapere che un giovane – salvatosi per miracolo dalle acque in cerca di un futuro migliore – abbia trovato, nel Paese che lo aveva accolto, la morte, proprio in mare.

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