Prenderà il via il prossimo 2 ottobre il processo a carico di Costantino Bonaiuti, l’ingegnere di 61 anni accusato dell’omicidio di Martina Scialdone, consumatosi la sera del 13 gennaio scorso a Roma. Secondo il gip, l’uomo – che insieme ai suoi avvocati ha sempre sostenuto di aver colpito l’ex compagna per errore – avrebbe premeditato il delitto. Il movente? La fine della loro relazione: una decisione presa con fermezza dalla donna – che avrebbe voluto riprendere in mano le redini della sua carriera da avvocata – e mai accettata dal killer.

Omicidio Martina Scialdone, le ultime notizie: al via il processo a carico di Costantino Bonaiuti

La Procura di Roma aveva disposto nei confronti di Bonaiuti il giudizio immediato, un procedimento speciale per cui – pur anticipandosi la fase dibattimentale – l’imputato non ottiene finalità premiali (come accade, ad esempio, se si accede al rito abbreviato, che dà diritto a uno sconto di pena). Una misura che può essere richiesta quando, a carico di colui che deve essere giudicato, ci sono gravi indizi di colpevolezza. Adesso è ufficiale: il processo davanti alla Corte d’Assise di Roma si aprirà per lui il 2 ottobre prossimo.

L’accusa è di omicidio volontario aggravato dai motivi futili e abbietti rappresentati dalla gelosia e dalla premeditazione e di porto illegale in luogo pubblico di arma da fuoco. I fatti risalgono al 13 gennaio scorso. Bonaiuti aveva ucciso l’ex compagna, Martina Scialdone, al termine di un incontro chiarificatore organizzato nel quartiere Tuscolano di Roma.

I due avevano cenato insieme in un ristorante di via Amelia, “Bardo”; poi, al culmine di un’accesa discussione, erano usciti dal locale: prima lui, dopo qualche istante lei (che prima aveva cercato rifugio nel bagno dell’esercizio commerciale). Sul marciapiede, a poca distanza, la tragedia: Bonaiuti, cogliendo di sorpresa la donna – che nel frattempo si era messa in contatto con il fratello, chiedendogli di intervenire – le aveva puntato la pistola addosso, sparandole senza esitazione.

La 41enne era morta quasi sul colpo, tra le braccia del fratello, mentre lui si dava alla fuga. Era stato rintracciato e arrestato, qualche ora dopo, nell’appartamento che condivideva con l’ex moglie in via Monte Grimano, in zona Colle Salario-Fidene.

L’accusa ritiene che il delitto sia stato premeditato

Per il gip che ne aveva convalidato l’arresto non ci sono dubbi: Bonaiuti avrebbe portato con sé l’arma, una Glock semiautomatica ad uso sportivo regolarmente detenuta, con l’intenzione di uccidere,

essendo consapevole della volontà di interrompere definitivamente la relazione (da parte della vittima, ndr).

Non a caso, nelle settimane precedenti, ne avrebbe controllato ossessivamente gli spostamenti, anche installando un dispositivo Gps sulla sua auto. Non si sarebbe trattato di un errore, quindi, come l’indagato e i suoi legali hanno più volte sostenuto, avanzando la tesi secondo cui il 61enne avrebbe solo voluto fingere un suicidio, per impietosire l’ex compagna e spingerla a tornare con lui.

È palesemente e inequivocabilmente emerso che l’unico obiettivo perseguito da Bonaiuti fosse esclusivamente quello di uccidere la Scialdone – ha dichiarato il giudice -. Ciò si evince non solo dalle modalità di svolgimento dei fatti, così come descritte dal fratello della vittima, testimone oculare, ma anche dalla circostanza che Bonaiuti, pur potendo, anche successivamente all’evento, rivolgere l’arma nei suoi stessi confronti, ha, con estrema lucidità, una volta ucciso la donna, diretto la sua azione esclusivamente alla fuga.

È ciò che dall’inizio sostiene anche la famiglia Scialdone, che non ha mai avuto dubbi sull’intenzionalità del killer. Secondo l’avvocato che l’assiste, infatti,

il colpo era ben centrato, ben calibrato, sparato da chi ha una dimestichezza, capacità, abilità, che ha colpito nel punto preciso.

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