È una storia atroce quella per cui la famiglia della piccola G. sta chiedendo il risarcimento: nel 2020 la bimba arriva all’ospedale Sant’Orsola con un’occlusione intestinale, ma i medici le fanno una diagnosi sbagliata (scambiando i sintomi per gastroenterite) e lei muore. Il Tribunale di Bologna ha già preso in considerazione il caso e, a dicembre 2022, ha condannato in primo grado un pediatra, un radiologo e un chirurgo per omicidio colposo.

Non sembrano esserci dubbi, dunque: le omissioni e le scorrette interpretazioni dei medici hanno spezzato la vita di una bambina alla tenera età di soli quattro anni e mezzo. Eppure, la battaglia legale della famiglia, in cerca di giustizia, ancora non è terminata.

Diagnosi sbagliata, muore una bimba, l’ospedale: “Da considerare la capacità di reazione della madre, perché ha avuto un altro figlio”

L’ospedale Sant’Orsola non ha accettato in pieno il provvedimento del giudice e, pur non contestando le colpe dei sanitari, si è appellato alla «capacità di reagire» della madre della piccola, dal momento che, ad un anno dalla prematura scomparsa, si è consolata con una seconda gravidanza.

Le parole della madre, Barbara Speranza, commentano bene l’assurdità della tesi espressa dai legali della struttura ospedaliera:

Non hanno argomentazioni, dicono che io starei bene perché ho avuto un altro figlio, quindi il mio dolore e il mio risarcimento deve essere contenuto. Quando è arrivato quest’atto dai legali del Sant’Orsola i miei avvocati civilisti Pierpaolo Mazzoli e Marco Ferrari mi hanno chiamata e mi hanno detto di leggerlo con calma, sapevano che mi avrebbe fatto male. Sono profondamente ferita.

Le argomentazioni del Sant’Orsola mirano a salvaguardarsi dal pieno risarcimento economico accordato dai giudici alla famiglia, come è d’altronde pieno diritto fare (oltre che un dovere in questo caso, trattandosi di soldi pubblici). Il modo in cui la struttura sta procedendo ha però causato l’ira della madre della piccola G: «Strumentalizzare un minore, perché questo stanno facendo, usare un bambino di un anno per dire che non devo aver sofferto più di tanto è gravemente irrispettoso nei confronti miei, della mia bambina e del suo fratellino», ha detto la donna.

La madre della bambina: “I figli non sono sostituibili, solo a leggere la richiesta mi sento male”

Barbara Speranza è incredula, addolorata e disperata davanti alla richiesta dell’ospedale che tre anni fa le portò via la sua bambina per una diagnosi erronea: «Non ho più una vita, non ho più entusiasmo per nulla», racconta la donna, quasi fosse veramente chiamata a giustificare il dolore per la perdita di un figlio.

Avere un altro figlio è stata una gioia immensa ma segnata dal dolore, perché il lutto non passa, la mia vita è comunque distrutta e non dovrei neanche giustificarmi, ma le argomentazioni portate dal Sant’Orsola mi hanno fatta sentire come se dovessi giustificarmi per la nascita di mio figlio.

Poi prosegue, accusando apertamente l’ospedale:

Il Sant’Orsola vuole venirmi a dire che questo dimostra che sostanzialmente la perdita della mia bambina non mi avrebbe completamente distrutta. Solo a leggerlo mi sento male, e non solo perché si tratta di una grave falsità, ma anche perché vuole dire privare entrambi i miei bambini delle loro identità, i figli non sono sostituibili.

L’inchiesta bis sul Sant’Orsola

L’indagine sull’ospedale Sant’Orsola non si è interrotta dopo la condanna dei tre medici imputati. A seguito di alcuni accertamenti del pm Marco Imperato erano scattate le accuse anche contro sei tra medici e infermieri per favoreggiamento personale, falso ideologico e omissione di soccorso per le dichiarazioni rese dopo la morte della bimba e le annotazioni fatte sulla cartella clinica.

Quattro di questi 6 nuovi indiziati sono poi stati prosciolti, ma un medico che ricopre un ruolo di spicco all’interno della struttura e un’infermiera sono ancora sotto processo.

Questa nuova lettera dei legali dell’ospedale è dunque il terzo capitolo di questa tragica storia, un capitolo che Barbara Speranza non può sopportare:

Dopo tutto quello che ho dovuto sentire durante l’inchiesta dopo tutte le bugie, su quella giornata in cui io e mia figlia siamo state abbandonate a noi stesse nel reparto di osservazione breve intensiva del pronto soccorso pediatrico del Sant’Orsola, con la mia bambina che stava malissimo, adesso mi è arrivata addosso anche questa cosa. Mi hanno strappato via mia figlia, ovvio che con un bambino di un anno mi aggrappo a tutto quello che ho dentro me stessa per andare avanti, ho trovato la forza di mettere al mondo questo bambino, ma vogliono demolire anche questo filo che mi tiene attaccata alla vita, perché demolirmi psicologicamente è l’unico strumento processuale che hanno?