Hanno scatenato non poche polemiche, negli scorsi giorni, le due sentenze con cui la giudice Maria Bonaventura del Tribunale di Roma ha prosciolto prima un bidello accusato di aver palpeggiato una studentessa e poi un dirigente museale denunciato per molestie da una sua sottoposta. Ma la donna, presidente della quinta sezione collegiale, esperta in reati sessuali, si è difesa, ricordando in un’intervista al Corriere della Sera l’autonomia e l’indipendenza del suo ruolo.
Le sentenze choc della giudice sulla “palpata breve” e la “vittima complessata”
La giudice era salita alla ribalta delle cronache per la sentenza con cui, poche settimane fa, aveva assolto da ogni accusa un bidello romano finito a processo per violenza sessuale per aver toccato una studentessa minorenne all’interno dell’istituto scolastico in cui lavorava. I fatti risalgono all’aprile del 2022. La ragazza, appena diciassettenne, aveva raccontato agli inquirenti di essere stata palpeggiata dall’uomo mentre saliva le scale della scuola.
Il pubblico ministero aveva chiesto, per questo, che il 66enne fosse condannato a tre anni e sei mesi. Condanna che non è mai arrivata, visto che, secondo il Tribunale di Roma, la “palpata” – durata tra i 5 e i 10 secondi – sarebbe stata troppo “breve”, al punto di non poter essere qualificata come “molestia” ma come semplice “sfioramento”. Una sentenza choc, come quella che nelle scorse ore ha riguardato un altro uomo, assolto, come il primo, perché “il fatto non costituisce reato”.
Si tratta del dirigente museale accusato da una sua sottoposta di molestie sul luogo di lavoro, ritenuto innocente perché
alla luce di tutte le considerazioni qui svolte non si può escludere che la parte lesa, probabilmente mossa dai complessi di natura psicologica sul proprio aspetto fisico (segnatamente il peso) abbia rivisitato inconsciamente l’atteggiamento dell’imputato nei suoi confronti fino al punto di ritenersi aggredita fisicamente.
O almeno è quello che scrive la giudice che, dopo la bufera provocata dalle sue parole, ha deciso di difendersi rilasciando una breve dichiarazione al Corriere della Sera.
Maria Bonaventura si difende
Ma tutto questo stupore da cosa deriva? Non ho mai ‘esondato’ dalla mia sfera di competenza. Il mio ruolo mi conferisce autonomia e indipendenza ed è in ragione di questi principi che ho scritto la mia sentenza,
ha dichiarato, indignata, la giudice, ai giornalisti che le hanno chiesto se secondo lei non sia inappropriato definire la presunta vittima di uno stupro “complessata”, come si legge nella seconda sentenza. Sono in molti, in effetti, a ritenere che abbia esagerato, tanto da arrivare a chiedere al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, di intervenire e sanzionarla.
Secondo l’associazione Bon’t Worry di Bo Guerreschi, schierata da anni al fianco delle vittime di violenza, Bonaventura si sarebbe anche macchiata di una ritorsione nei confronti della giovane vittima dello stupro di Capodanno, quello avvenuto nella notte tra il 31 dicembre 2020 e il 1 gennaio 2021 nel quartiere Primavalle di Roma. La ragazza, in pratica, sarebbe stata ascoltata senza tutele in aula per aver rilasciato un’intervista a Repubblica. Come se fosse una colpa.
Le donne non vengono credute e ridotte quasi a imputate. Siamo oltre il diritto, si sta riducendo a coriandoli il Codice Rosso. Poi non lamentiamoci quando le denunce diminuiscono […]. Questi verdetti lasciano senza parole e mi fanno pensare che lottiamo per qualcosa che la giustizia ci nega,
ha dichiarato Guerreschi. Sui social, invece, c’è chi scrive:
Se sei donna e hai denunciato un abuso, una molestia o comunque un approccio sessuale sbagliato e la incroci sul tuo cammino scappa! Ricusala, cambia tribunale,città, regione, ma evita la sua aula.
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