L’omicidio avvenuto nel quartiere Forcellini di Padova nella tarda mattinata di domenica scorsa potrebbe essersi consumato, secondo gli inquirenti, al culmine di una violenta lite scoppiata a causa della mancata ospitalità di un connazionale nell’appartamento che Albert Deda condivideva con i due fratelli fermati nelle scorse ore per il delitto, Ilmi e Klinton Rakipaj. Il 24enne, morto dopo essere stato raggiunto da diverse coltellate, conosceva i suoi assassini da molto tempo.

Omicidio di Padova, il movente dietro l’omicidio di Albert Deda

Quello che in un primo momento poteva sembrare un delitto scoppiato nell’ambito di un regolamento di conti potrebbe quindi essere stato causato dalle discussioni nate tra la vittima e i due carnefici nel corso della loro convivenza. Sembra, in particolare, che alla base del delitto possa esserci la mancata ospitalità, da parte dei due fratelli, di un loro connazionale, amico della vittima.

Una vicenda che avrebbe provocato una violenta lite, culminata nell’omicidio che, domenica scorsa, ha causato la morte del 24enne, trafitto da una pugnalata al torace, e il ferimento di altre due persone, ricoverate a causa dei numerosi fendenti ricevuti. Nell’appartamento in cui si è consumato il delitto, in via Dorighello, Deda e i due fratelli arrestati nelle scorse ore vivevano insieme da tempo.

Sembra che Deda, però, si facesse vedere sempre meno. Domenica avrebbe raggiunto la casa con un amico e un connazionale bisognoso di ospitalità (entrambi rimasti feriti). La sua idea, probabilmente, era quella di fornirgli un alloggio, almeno temporaneamente. Una decisione che, per qualche motivo, avrebbe mandato su tutte le furie i Rakipaj, che si sarebbero poi armati di un coltello colpendo i tre arrivati e lasciando il loro coinquilino senza vita.

La fuga e l’arresto

I due, di 24 e 19 anni, si sarebbero poi dati alla fuga a bordo della Renault Clio rossa del maggiore. Una volta allertati, i carabinieri si sarebbero subito messi sulle loro tracce, dando il via all’inseguimento. Sarebbero riusciti a rintracciarli, alla fine, proprio grazie al veicolo, immortalato da diverse telecamere di sorveglianza presenti nel quartiere, da dove i due fratelli si sarebbero diretti verso l’autostrada.

Mentre si allontanavano si sarebbero liberati dei coltelli usati durante l’aggressione e dei vestiti, presumibilmente ancora sporchi di sangue. Il tutto dopo essersi fermati in un outlet della zona e aver comprato indumenti puliti. Domenica sera erano stati fermati a circa 150 chilometri da Padova, nel Goriziano. Ora si trovano in carcere, dove il prossimo 26 luglio saranno interrogati dal gip.

La testimonianza dei conoscenti

Li vedevo spesso insieme a prendere la pizza, erano un gruppo unito,

ha raccontato una conoscente al Gazzettino. Tutti e tre erano ragazzi “tranquilli” e si trovavano in Italia con regolare permesso di soggiorno. Nessuno, stando a quanto emerso finora, aveva precedenti penali alle spalle. Per questo risulta particolarmente difficile capire perché, la scorsa domenica, due di loro si sarebbero scagliati con furia contro il terzo, non lasciandogli scampo.

Non voglio credere che sia stato lui – ha commentato la titolare di una pizzeria in cui Ilmi avrebbe lavorato per un periodo di tempo -. È un tipo fumantino, facile ad accendersi, ma altrettanto timido. Bastava riprenderlo per vederlo diventare paonazzo e ammutolire […]. Non era un violento qui dentro. So che aveva una fidanzata, che voleva portare qui il fratello. Sembrava destinato ad avere una vita felice. E invece si porterà per sempre dietro questo peso atroce.

I prossimi rilievi dovranno accertare se sia stato lui o il fratello a sferrare alla vittima il colpo mortale.

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