La vicenda del marciatore Alex Schwazer potrebbe presto arrivare a una svolta clamorosa, destinata (tanto per cambiare) a far discutere. C’è stata e c’è ancora la docuserie sul marciatore. Ne parliamo tra qualche riga. E c’è una speranza che potrebbe riaccendersi già al prossimo Consiglio federale della Federatletica di cui Tag24 apprende l’inserimento nell’ordine del giorno di aggiornamenti della Carta Etica. Un documento, quest’ultimo, che tra l’altro a pag. 4 recita:
Chiunque incorra in squalifiche pari o superiori ai 2 anni, sulla base delle attuali normative anti-doping, perde, da quel momento, il diritto a vestire la Maglia Azzurra, simbolo sportivo dell’Italia.
Alex Schwazer lavora a un ritorno in grande stile, dalla docuserie a senso unico agli allenamenti da pro’.
Lui, Alex Schwazer, per il momento viene avvistato mentre si allena – e non è solo una sgambata – a Livigno. La sua seconda squalifica per doping scadrà il 7 luglio dell’anno prossimo, a ridosso dei Giochi di Parigi. Lo scorso aprile, durante la presentazione della docuserie “Il caso Schwazer” nella sede romana di Netflix, lo stesso marciatore campione olimpico a Pechino aveva detto di non pensare alle Olimpiadi. Aggiungendo:
Non ha più senso fare il professionista. Però sono un atleta, magari farò qualche garetta di paese.
Per carità, l’ipotesi di rivederlo nella capitale francese a 39 anni (40 li compirà il 26 dicembre 2024) resta affascinante. Ed è affascinante anche quella benedetta docuserie di cui finalmente stiamo per parlarvi, visto che ha concorso persino per i Nastri d’Argento. Tuttavia tra gli intervistati mancano per esempio l’ex marciatore Giovanni De Benedictis e il dirigente sportivo, presidente di Acsi Italia, Roberto De Benedittis, che sulla vicenda del marciatore ha scritto un piccolo ma completissimo libro disponibile gratuitamente qui.
Il caso della docuserie con gli ospiti tagliati: “Ho parlato per tre ore, non ne ho saputo più nulla”.
“Un’intervista di tre ore, registrata il 9 dicembre 2021, e di cui non ho saputo più nulla”, ci racconta De Benedittis. E ci manda anche una mail con la lista delle domande che gli furono poste. Avrebbe potuto dire tante cose, De Benedittis. Tipo: “Già nella richiesta di archiviazione del pm al gip Walter Pelino, il pm sostiene che non ci siano prove sufficienti per mandare Schwazer a giudizio, ma anche che l’ipotesi della difesa sia farraginosa. Pelino, dal canto suo, redige 87 pagine (disponibili qui) in cui sottolinea tutte le incongruenze nella tesi del pm, tra cui l’utilizzo delle mail portate dalla difesa provenienti da hackeraggi”.
Per quanto riguarda l’utilizzo delle sostanze dopanti che comportarono la prima squalifica nel 2012: “Nel patteggiamento di quell’anno, l’atleta ammette di essersi dopato dal 2010 al 2012. Ma in base all’Indagine Olimpia sempre del 2012, già il 26 gennaio del 2006 Schwazer stampa un documento in lingua tedesca dove vengono illustrate anche le proprietà riguardanti l’aumento del valore di testosterone di un prodotto medico”.
Ma soprattutto, parlando del presunto complotto iniziato con il controllo a sorpresa del 1 gennaio 2016, con tutti gli accadimenti seguiti tra i quali la custodia e la presunta manomissione delle provette, sulla figura del medico federale Giuseppe Fischetto, indicato da Schwazer e dal suo coach Sandro Donati come colui il quale ha ordito quel complotto contro il marciatore: “Dieci anni fa, a Roma, coordinavo la presentazione di un libro sul doping dello stesso Donati. Il quale, a sorpresa, stravolse la scaletta degli interventi chiamando al banco dei relatori e come paladino dello sport pulito lo stesso Fischetto. Com’è possibile che l’anno successivo Fischetto abbia il dito di Donati puntato contro?”
Leggi anche: L’ombra del doping su Vingegaard. Lui: “Non siamo ai tempi di Armstrong” e Atletica, Amusan: “Sono accusata di violazione regole antidoping”.