Intervista alla presidente di Amnesty International Italia Alba Bonelli in merito alla repressione in Russia in questo anno di guerra. Gli oppositori ricevono sanzioni come multe o incarcerazione, qualcuno non in linea con la visione di Putin è stato addirittura tacciato di essere un agente segreto di una potenza straniera.

Repressione in Russia, parla Angela Bonelli (presidente Amnesty Italia)

O si è d’accordo con la guerra o si viene sanzionati. Le autorità russe utilizzano, in tempi di guerra, mezzi sempre meno democratici per sopprimere le proteste di chi non è “allineato” con le posizioni del governo sul conflitto in Ucraina. Le pene sono severe, i procedimenti non rispettano criteri da giusto processo e la difesa-secondo quanto denunciato-non viene quasi mai ascoltata. Con lo scoppio della guerra sono arrivati anche nuovi provvedimenti contro gli oppositori. La presidente di Amnesty International Italia Alba Bonelli ha parlato a TAG24 di questa situazione.

Cosa denunciano gli attivisti contro la guerra in Russia?

Gli attivisti contro la guerra fanno una cosa assolutamente lecita e riconosciuta dal diritto internazionale cioè esprimere il loro pensiero. Però in Russia dallo scoppio dall’inizio dell’invasione sono state emanate delle leggi che prevedono reati particolari, cioè “reato di diffusione di informazioni false sulle forze armante” e “reato di discredito delle forze armate”. In forza di questi due reati abbastanza assurdi sono state sanzionate nel solo 2022 più di 21mila persone. La maggior parte di questi 21mila attivisti hanno avuto multe salate e una parte ha addirittura subito una detenzione.

Queste sanzioni prevedono detenzioni e multe salate?

Sì, sia amministrative che penali.

In Russia l’opinione è cambiato dall’inizio della guerra contro Putin?

Anche per quello che aumenta la repressione. Putin aveva promesso una guerra veloce ed è sotto gli occhi di tutti che 500 giorni di conflitto non è considerabile guerra veloce e anche le persone che avevano preso per buoni gli argomenti di Putin sono sempre meno convincibili.

La popolazione vive una fase di ripudio della guerra?

Noi abbiamo 21mila casi che su milioni di cittadini russi non sono tantissimi, però possiamo stimare che non tutti siano arrivati alla nostra evidenza. Abbiamo il caso di un radioamatore di una città della Russia del nord, Vladimir Rumyantsev condannato per aver trasmesso, dal suo appartamento, notizie sulla guerra provenienti da media indipendenti e blogger messi al bando dalle autorità.

Anche blogger e giornalisti sono sottoposti alle sanzioni?

Sì, blogger, giornalisti e persone che manifestano il proprio dissenso contro la guerra. C’è anche una forma più perfida per mettere in difficoltà con il pensiero di regime: queste persone sono etichettate come “agenti stranieri“. Si attribuisce uno stigma che diventa a lungo a dare quello della spia o del traditore. C’è gente che a causa di tutto questo perde il lavoro e la possibilità di sostenersi, questa è una modalità di tutti i regimi dispotici e non è sicuramente un’invenzione dei russi. I dissidenti vengono screditati come terroristi.

C’è un rischio di repressione della popolazione russa in Donbass?

Sicuramente. Quando si arriverà alla pace si tratterà di una pace più che mai travagliata sicuramente non si arriverà alla tranquillità garantita. Le forze internazionali dovranno prestare la massima attenzione a quello che succederà da quelle parti.

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