Mentre gli italiani fanno il conto con le elevate temperature dell’estate del 2023, l’ISPRA pubblica i risultati del suo rapporto annuale «Clima in Italia nel 2022».  Secondo lo stesso, redatto da Ispra insieme a Snpa, – Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente – il 2022 è stato, per l’Italia, l’anno più caldo e meno piovoso mai registrato dal 1961. Sempre il 2022, inoltre, è stato l’anno in cui la disponibilità di risorsa idrica annua ha raggiunto il minimo storico nel nostro Paese, con una diminuzione del 52% rispetto al periodo 1951-2022.

Rapporto Ispra sul Clima 2022, Piervitali: “Più che fare allarmismo dobbiamo diffondere una nuova consapevolezza e agire”

I risultati del rapporto ISPRA – SNPA «Clima in Italia nel 2022» sono tutto fuorché incoraggianti. Secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, infatti, per il nostro Paese il 2022 è stato l’anno più caldo e meno piovoso di sempre. E il 2023 non sembra, a pelle, più promettente: le elevate temperature di questi giorni stanno infatti mettendo a dura prova la vita quotidiana dei cittadini.

In questo contesto si assiste, peraltro, a uno scontro quasi paradossale tra negazionisti e allarmisti del clima, in un contrasto che divide anziché unire l’opinione pubblica su un tema così importante quale la tutela dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici.

Ma cosa ci dice realmente il rapporto ISPRA – SNPA «Clima in Italia nel 2022»? La redazione di TAG24 ne ha parlato con Emanuela Piervitali, tecnologa e responsabile della sezione di climatologia operativa dell’Ispra.

Piervitali, quali sono i principali risultati che emergono dal rapporto «Clima in Italia nel 2022»?

“Il rapporto presenta un’analisi sia nazionale che declinata per regioni. A livello nazionale vediamo che il 2022 è stato l’anno più caldo mai registrato in Italia dal 1961. La differenza con il 2018, anno che deteneva il record, è di 0.58°C. Si tratta di un dato significativo: parliamo di una differenza di mezzo grado. L‘estate 2022 è stata la seconda più calda dopo quella del 2003, da tutti ricordata perché in Europa vi furono 70mila decessi legati alle alte temperature”.

Il 2022 è stato non solo l’anno più caldo dal 1961, ma anche il meno piovoso.

“Sì, esatto. Si tratta di una caratteristica importante. Il 2022 è stato l’anno meno piovoso dal 1961 con condizioni di siccità severa, soprattutto nel nord-ovest del Paese. Su questo tema il rapporto fa un approfondimento specifico sul Piemonte, regione intensamente colpita del fenomeno. Nell’approfondimento su scala nazionale, realizzato con i colleghi della Protezione civile, si ricorda inoltre come molte regioni abbiano chiesto lo stato di emergenza a causa della siccità”.

Come si relazionano i dati sulle temperature e sulla mancata piovosità?

“Il caldo ha sicuramente influito sulla disponibilità di risorse idriche. Da una parte le precipitazioni sono state scarse, dall’altra il caldo intenso ha favorito l’evaporazione. Chiaramente questi due fenomeni insieme hanno reso più critico il 2022. In un rapporto pubblicato a luglio l’Ispra ha inoltre rilevato come, nel 2022, in Italia si sia raggiunto il minimo storico in termini di disponibilità di risorsa idrica annua“.

Nel dibattito pubblico, in relazione al clima e alle temperature, si alternano due posizioni opposte. Da un lato c’è chi minimizza quanto sta accadendo. Dall’altro che c’è chi si dichiara molto allarmato dagli effetti dei cambiamenti climatici. Come approcciarsi al tema?

“L’atteggiamento corretto è nel mezzo. Se guardiamo i dati storici sulla temperatura notiamo un trend evidente e significativo che segnala la presenza di cambiamento climatico. La stima del tasso di variazione della temperatura media è di +0.39 ogni dieci anni a partire dal 1981. Vediamo chiaramente come la temperatura media stia aumentando, e così le minime e le massime.

Il trend più significativo riguarda le estati, con +0.6 ogni dieci anni. Dunque il segnale c’è, soprattutto se guardiamo agli indici legati agli estremi di caldo. A partire dal Duemila le differenze tra gli indici estremi e il valore medio sono spesso superiori alla media. A partire dal 2022 questi valori estremi hanno infine toccato il valore record.

Chiaramente fare allarmismo e dire che stiamo tutti morendo non è la soluzione. Ma non si possono ignorare i segnali. L’importante è sapere che qualcosa si può fare, iniziando con il rispettare gli accordi per la riduzione delle emissioni.

Si parla tanto anche delle isole di calore urbano. Sappiamo bene che le nostre città amplificano gli effetti del cambiamento climatico e raggiungono temperature superiori a quelli delle aree rurali. Intervenire con progetti di riforestazione urbana sarebbe importante.

Ovviamente non sono d’accordo con i negazionisti perché i dati sono evidenti. Allo stesso tempo credo che l’allarmismo rischi di levare spazio agli interventi che si possono fare. Dobbiamo prendere consapevolezza di quanto sta accadendo e agire di conseguenza”.

Crede che le persone assumano più consapevolezza dei cambiamenti climatici in estate, quando le alte temperature impattano direttamente sulla loro vita?

“Gli effetti si vedono anche in inverno, quando fa troppo caldo e nelle aree di montagna non nevica. Anche perché se la neve è esigua diminuiscono anche le risorse idriche disponibili. Le persone che vivono di turismo di montagna, ad esempio, si accorgono bene del problema.

Quando poi accadono fenomeni avversi come gli alluvioni – penso all’Emilia Romagna, alle Marche e a Ischia – si torna a parlare di cambiamento climatico. Probabilmente però bisogna lavorare ancora molto per diffondere consapevolezza e favorire l’assunzione di comportamenti diversi e responsabili. Conoscendo quello che sta succedendo si deve agire, mettendo in sicurezza il territorio. Ma non solo: si può fare molto per favorire l’assunzione di una nuova mentalità da parte di tutti”.

Sono già disponibili alcune proiezioni per il 2023?

“Noi non effettuiamo collezione di dati in tempo reale, ma riceviamo dati mensili dalle reti di monitoraggio. Ad oggi, vedendo i dati fino a giugno, sappiamo che il 2023 è il quarto anno più caldo dal 1961. Una valutazione finale, tuttavia, si potrà fare solo a fine anno”.