A Chieti c’è una scritta impressa con calce bianca sulla roccia che recita un nome di carica proibito dalla storia d’Italia: “Dux“. Nel 2019 la scritta era stata fatta cancellare a seguito della polemica scoppiata per interesse dell’allora deputato di Italia Viva Camillo D’Alessandro, che in quell’occasione si era scagliato contro il primo cittadino.

Secondo D’Alessandro, il sindaco dell’epoca non solo permetteva, ma era anche fautore di quella palese apologia al fascismo. La questione era finita in Parlamento e la scritta incriminata era stata rimossa.

Ora però, il caso si riaccende: la parole “Dux” è riapparsa nel piccolo comune di Villa Santa Maria, in Provincia di Chieti, suscitando rinnovate proteste.

Scritta “Dux” ricompare a Chieti, D’Alessandro: “È stato il sindaco, come nel 2019”

Oggi come allora, Camillo D’Alessandro non ha dubbi: «Nel luglio 2019 il sindaco fece la stessa cosa, lo stesso sindaco» è la denuncia che parte dall’ex deputato di IV.

Siamo a Villa Santa Maria, nel Sangro dei patrioti della Brigata Maiella, a uno sguardo dal loro sacrario. Per la seconda volta, il sindaco ha deciso di fare riemergere la scritta ‘Dux’ impressa sulla roccia dalla propaganda fascista, cioè di un criminale che firmò le leggi razziali e condannò alla morte milioni di italiani Il tempo e il disonore nel tempo hanno cancellato quella scritta, il sindaco la fa riemergere per la seconda volta

Così D’Alessandro ricostruisce la trafila storica di quella scritta che nel 2019 era già stata considerata dal Parlamento italiano uno schiaffo alla memoria della Resistenza e un’apologia esplicita al partito fascista.

Oltre all’aspetto storico e politico della faccenda, è impossibile ignare anche la questione economica. D’Alessandro paventa il rischio che, per restaurare la scritta a Villa Santa Maria, siano stati impiegati dei soldi pubblici. L’esponente di Italia Viva si consola affermando che il sindaco, o comunque il responsabile, sarebbe «libero di farlo proprio perché non c’è più un ‘Dux’, che domina ormai solo sulla pietra».

La domanda che però continua ad assillare D’Alessandro, però, riguarda il perché di questo gesto e se la motivazione non sia legata ad una mancata consapevolezza storica del luogo in cui sorge questa polemizzata scritta.

Può darsi che non ci si renda conto che proprio quel nome, proprio nel Sangro, proprio anche a Villa Santa Maria ha rappresentato dittatura, morte, dolore e fame?

Il rischio denunciato dal renziano è però chiaro: «Quando si normalizza la vergogna che è stata, la vergogna continua a vivere».