Il caso della ormai nota “palpata breve” ha fatto discutere ed indignare tutta Italia: oggi, si aggiunge un nuovo tassello alla questione, con la sentenza di assoluzione per il bidello autore della molestia su una ragazza della scuola in cui lavora impugnata dalla Procura di Roma.
Il tribunale ha già chiarito le motivazioni dell’assoluzione, affermando che nell’atto di molestia – che è stato peraltro riconosciuto – mancava l’intenzionalità soggettiva dell’uomo: non c’era cioè la volontà di fare violenza alla ragazzina, ma solo di renderla oggetto di uno scherzo.
Tali motivazioni non convincono affatto i Pm della Capitale, che infatti commentano:
La sentenza si presta a censura essendo incorsa in errore nella valutazione delle prove acquisite, nella ricostruzione del fatto contestato e nella valutazione circa la sussistenza dell’elemento soggettivo.
Impugnata sentenza di assoluzione per “palpata breve”: bidello ancora in tribunale
Nel mirino della Procura è finito, in particolare, il passaggio della sentenza in cui si dice che non si riconosce la sussistenza dell’elemento soggettivo – e quindi la presenza del reato – sulla base della «repentinità» dell’azione. La molestia, in quanto rapida e repentina, sarebbe dunque da considerarsi “solo” «uno sfioramento».
Con questa ricostruzione, secondo la Procura, il tribunale si sarebbe in sostanza macchiato di incoerenza, dal momento che solo poche righe prima nella sentenza si trova scritto che i giudici hanno sposato in toto la narrazione della vittima e di un’amica che ha assistito al fattaccio.
Così scrivono i Pm:
Nell’intento di argomentare ‘insussistenza’ del dolo richiesto dalla norma incriminatrice, il Tribunale travisa la ricostruzione del fatto stesso, che invero poco prima aveva effettuato sposando in toto la narrazione della parte lesa e dell’amica che aveva assistito alla condotta.
L’impugnazione: “Non è stato un gesto di durata trascurabile”
Secondo la Procura romana, dunque, la durata «trascurabile» dello «sfioramento» ricostruita dal tribunale non corrisponderebbe affatto alla realtà di quanto successo nei corridoi della scuola.
I Pm si basano soprattutto sulla ricostruzione proposta dall’amica della giovane vittima molestata, che addirittura, « senz’altro sbagliando nella percezione ma sicuramente fuorviata dal fatto che non si è trattato di un gesto di durata trascurabile», colloca l’atto del bidello in un arco temporale di ben trenta secondi.
Il caso della “palpata breve” si riapre, dunque. Il bidello colpevole di questo cosiddetto sfioramento tronerà in tribunale dopo l’appello presentato dai Pm romani.