Sono trascorsi trent’anni dal suicidio di Raul Gardini. Il 23 luglio del 1993, il noto dirigente d’azienza – senz’altro uno dei più seguiti, chiacchierati e ammirati/invidiati all’epoca – poneva fine alla sua vita con un colpo di pistola, nella sua abitazione di Milano. A Raul Gardini è ora dedicata una docu-fiction in onda dopodomani, proprio domenica 23 luglio, in prima serata su Rai 1. Titolo – guarda un po’ – “Raul Gardini”.

Il 23 luglio 1993 si suicidava Raul Gardini. Domenica sera, su Rai 1, la docu-fiction con Fabrizio Bentivoglio.

Quel 23 luglio di trent’anni fa, l’Italia viveva ancora giorni particolari, ben più caldi di quanto non dicesse il calendario. Erano i giorni di “Mani Pulite” e il 22 luglio si erano celebrati i funerali di Gabriele Cagliari, l’allora presidente dell’Eni anche lui suicida. Fu l’evento scatenante e probabilmente il segno decisivo, per Gardini, che l’onda avrebbe potuto presto investire anche lui. Era nato a Ravenna il 7 giugno di sessant’anni prima.

Gli inizi professionali accanto a Serafino Ferruzzi, suo superiore, mentore, punto di riferimento e… suocero, visto che nel 1957 ne sposò la figlia Idina. Alla morte di Ferruzzi, avvenuta in un incidente aereo nel 1979, Idina e i suoi tre fratelli affidarono proprio a Gardini le redini del gruppo. Ebbene, il gruppo cambiò faccia e l’evento clou, nel 1987, fu l’incredibile scalata a Montedison. Presso il grande pubblico, Gardini divenne noto anche perché al timone (talvolta in tutti i sensi, Paul Cayard permettendo) di quel “Moro di Venezia” che provò, senza fortuna, l’assalto alla Coppa America.

Gli inizi accanto a Ferruzzi, la scalata a Montedison, la passione per la vela, il terremoto Tangentopoli.

E ancora i suoi contrasti con il banchiere Enrico Cuccia, i legami con la famiglia De Benedetti e quelli faticosi con la politica (di tutti gli schieramenti), la nascita di Enimont (dalla fusione tra i settori chimici di Eni e Montedison), il fallimento della stessa con ampie ricadute, i contrasti oramai insanabili con i Ferruzzi, lo scoppio di Tangentopoli con Enimont nell’occhio del ciclone. La strenua difesa di Gardini che a un certo punto si ritrovò con le spalle al muro.

Diretta da Francesco Miccichè, la docu-fiction è una coproduzione Rai Fiction e Aurora tv e vede un azzeccatissimo (almeno a giudicare dalle prime immagini sul set) Fabrizio Bentivoglio nei panni del protagonista. Le vicende narrate partono proprio dal varo de “Il Moro di Venezia” dell’11 marzo 1990 fino al drammatico epilogo.

Intervistato dal “Corriere della Sera“, Bentivoglio ha spiegato così la sua “affinità” con Raul Gardini:

Affinità forse è un po’ troppo. Ci sono elementi che me lo hanno reso simpatico. In certe cose mi sono riconosciuto. Lui era un sognatore e un visionario, un giocatore che giocava per vincere, ma del resto tutti giochiamo per vincere. È che nessuno lo ammette, lui sì. La storia ce lo rimanda come esempio negativo, invece non lo è, è più che positivo. Un uomo che già 40 anni fa parlava di carburanti alternativi e plastica riciclabile. Viene da chiedersi come mai certe sue idee non siano state seguite. Oggi staremmo meglio.

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