Approvato ieri in Senato il ddl che vieta la produzione, la commercializzazione e l’importazione di carne sintetica in Italia. Il disegno di legge, annunciato da mesi dal ministro dell’Agricoltura Lollobrigida mira, nelle intenzioni del Governo, a salvaguardare l’interesse nazionale del nostro Paese in tema di produzione agroalimentare. Il provvedimento, ora atteso alla Camera, non convince parte delle opposizioni che ritengono che, in seguito a questa decisione, l’Italia perderà un significativo vantaggio competitivo rispetto alle altre nazioni che stanno investendo o investiranno nelle carni coltivate e nei cibi sintetici, ritenuti l’innovazione del futuro in campo alimentare.

Ddl carne sintetica, De Luca (FdI): “Critiche demagogiche, la ricerca scientifica pubblica sui cibi coltivati si farà”

Il via libera al ddl sulla carne sintetica pone l’Italia «all’avanguardia nel mondo». Con queste parole il ministro Lollobrigida ha salutato ieri l’approvazione, in Senato, del disegno di legge che vieta in Italia la commercializzazione, l’importazione e la produzione di cibo sintetico.

La misura – sostenuta dalla grandissima mobilitazione promossa da Coldiretti che ha raccolto oltre due milioni di firme a sostegno del provvedimento – passa ora alla Camera.

Se da un lato il consenso di cui il divieto gode nel Paese – 2mila comuni hanno votato a favore dello stop – è indubbio, dall’altro lato non mancano le voci di chi ritiene il voto di ieri inutile e dannoso. Inutile perché la produzione di cibi sintetici non è ad oggi contemplata in Europa, dunque l’applicazione del divieto ancora non sussiste. Dannoso perché, precludendosi la possibilità di esplorare questo campo, l’Italia rischia di rimanere indietro rispetto a un’importante possibilità di innovazione nel campo agroalimentare.

La redazione di TAG24 ha approfondito l’argomento con il presidente della Commissione industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare del Senato Luca De Carlo che, in questa intervista esclusiva, spiega le ragioni del no ai cibi sintetici e i vantaggi che il nostro Paese trarrà da questa scelta.

Senatore De Carlo, perché vietare la commercializzazione, l’importazione e la produzione di cibo sintetico va a vantaggio dell’Italia?

“Il provvedimento approvato ieri prende in considerazione due aspetti. Il primo è quello legato alla salute, cui si applica il principio europeo di massima precauzione. In base a questo principio, se non è provato che una cosa non faccia male, questa non può essere utilizzata.

In secondo luogo, è evidente a tutti che ci sia il tentativo, da parte di chi ha capito il valore del mercato italiano e la bontà dei nostri prodotti, di erodere fette di mercato al nostro Paese. L’Italia raggiunge oggi 62 miliardi di export nel campo agroalimentare. A questo si aggiungono i 120 miliardi che ci copiano con il famoso Italian sounding. C’è chi vuole minare e recidere quel rapporto che c’è tra la terra e la tavola, consentendo a qualcuno di produrre nel mondo prodotti slegati dal territorio senza i controlli che in Italia sono imposti ai produttori.

Penalizzare un settore di eccellenza, quale quello agroalimentare italiano che ha il record mondiale di DOP e IGP – oltre 850 – per qualcosa di costruito in laboratorio è come darsi la zappa sui piedi. Questa è la nostra visione. Vogliamo sostenere i produttori. Tra l’altro questa è la richiesta che arriva da Coldiretti, da oltre 1.300 sindaci e dai consigli regionali di tutta Italia che hanno quasi tutti votato all’unanimità per questo stop. Ci si lamenta che la politica non ascolta i territori. Ebbene, noi li abbiamo ascoltati”.

Il Movimento 5 Stelle denuncia come nel voto di ieri sia stato bocciato un emendamento che prevedeva la possibilità di avanzare almeno con la ricerca scientifica. È così?

“Assolutamente no. Il provvedimento vieta importazione, produzione e commercializzazione di alimenti sintetici. Non c’è neanche un passaggio che vieta la ricerca, anzi. Noi intendiamo promuovere la ricerca pubblica sul tema, senza lasciarla in mano ai privati o a qualche lobby che ha l’interesse di sostituire i nostri cibi. Diciamolo chiaramente”.

Dunque come giudica questa affermazione delle opposizioni?

“A questo punto mi auguro che sia una presa di posizione demagogica. Altrimenti significherebbe una scarsa conoscenza del provvedimento. Non c’è una riga che vieta la ricerca scientifica”.

Cosa succederà se l’Unione europea deciderà di procedere nella direzione opposta rispetto a quella dell’Italia?

“Noi abbiamo sempre subìto la linea europea, ma ci sono casi in cui è anche andata diversamente. Penso alle disposizioni sui crediti di carbonio e a quelle sulle tecniche di evoluzione assistita dove gli emendamenti di Fratelli d’Italia hanno dettato la linea anche all’Europa. Speriamo che avvenga la stessa cosa anche con la carne sintetica”.

Come rendere la nostra agricoltura e i nostri allevamenti più sostenibili?

“La nostra agricoltura è la più sostenibile del mondo. I nostri agricoltori sono diventati sostenibili nonostante – e non grazie – i passati governi. Dobbiamo lavorare per produrre di più e produrre meglio. Le tecniche di evoluzione assistita vanno proprio in questa direzione, utilizzando piante che consumano meno acqua, meno concimi e meno fitofarmaci. Questa è scienza. Il resto è oscurantismo”.

In questi giorni si assiste al dibattito tra chi sostiene che questo caldo sia normale e chi invece ritiene sia un effetto evidente dei cambiamenti climatici. Lei come la pensa?

“Mi pare evidente che sia in atto un cambiamento climatico. Tutti ci accorgiamo che il clima è cambiato. Quello che ci differenzia è l’approccio al problema. C’è chi chiedere di tornare indietro e decrescere, ma la decrescita non è mai felice. Io credo che affidandoci alla scienza e alla ricerca potremo risolvere il problema.

La soluzione non è però privarsi dell’agricoltura che da sempre sostiene l’ambiente. È provato che le attività agricole trattengano la CO2. Con il nostro Governo è però cambiato il paradigma: gli agricoltori non sono più trattati come grandi inquinatori ma come fautori della sostenibilità. Nessuno vuole cedere ai propri figli un terreno peggiorato rispetto a quello che ha lavorato”.

Le critiche riguardano più gli allevamenti.

“Qui bisognerebbe essere chiari. Che cos’è intensivo? Gli allevamenti in Italia o quelli nelle altre parti del mondo, come la Cina? In Italia gli allevamenti utilizzano i prati stabili di alta montagna contribuendo alla loro manutenzione. Raccontare che i nostri allevamenti sono tutti intensivi significa non conoscere la situazione italiana. Da noi il 65% degli allevamenti sono in aree montane”.