La battaglia sul salario minimo non si ferma nonostante la maggioranza di governo abbia affossato, nella Commissione Lavoro della Camera dei deputati, la proposta presentata dalle opposizioni unite ad eccezione di Italia Viva. Gli esponenti dei vari partiti – Dal Pd al M5s passando per Azione fino a Verdi e Sinistra Italiana – hanno promesso di portare avanti la questione. Dentro e fuori le istituzioni. Sullo stesso mood sono le rappresentanze sindacali che, in queste ore, stanno intervenendo per dare manforte alla voce della politica. Più volte è intervenuto Maurizio Landini, Segretario nazionale della Cgil, e lo stesso sta facendo Luigi Sbarra. Il numero uno della Cisl, intervenendo alla tavola rotonda su “Salari, competenze e partecipazione”, ha detto che:

La questione salariale deve essere assunta come un’autentica urgenza nazionale e richiede un ventaglio ampio di interventi condivisi e concertati con le parti sociali, attraverso una nuova politica dei redditi e un patto alla Ciampi come 30 anni fa.

Salario minimo, l’appello della Cisl

Luisi Sbarra (Cisl) fa menzione alla direttiva europea sul salario minimo. Le sue parole:

La direttiva della Ue sul salario minimo e l’Ocse sono chiari – ha aggiunto – la via più efficace per garantire salari dignitosi è l’estensione ed il rafforzamento della contrattazione. E solo in subordine, laddove la copertura sia inferiore all’80% (in Italia è al 98%), intervenire con la legge. Il salario minimo ci vuole ma deve scaturire, settore per settore, dai trattamenti economici complessivi dei contratti più diffusi e applicati, che contengono tante tutele e diritti che devono essere garantiti al lavoratore.

E ancora:

È la vera legge che serve, una legge che non impone nulla ma incoraggia la partecipazione in forma gestionale, economica, organizzativa. Su questo stiamo raccogliendo le firme per attuare l’articolo 46 della Costituzione.

Non è dello stesso avviso il governo di Giorgia Meloni. La Ministra del Lavoro Elvira Calderone, infatti, ha più volte ribadito che il salario minimo non può farsi tramite legge.

Lo scontro politico prosegue

Mentre i sindacati si fanno portavoce del problema, lo scontro politico va avanti a suon di dichiarazioni e lanci di agenzia. Per Antonio Tajani quella del salario minimo è una misura da Unione Sovietica e Carlo Calenda, leader di Azione, lo bacchetta sul Corriere della Sera bollando quale “stupidaggine” la dichiarazione del Vicepremier. Matteo Ricci del Partito Democratico, ospite di Omnibus su La 7, ha detto che:

Non è un lavoro dignitoso quello pagato meno di 9 euro l’ora. È tempo che nel Paese si stabilisca un principio di buon senso. Il salario minimo è necessario e nessuno vuol mettere in discussione la contrattazione collettiva.

Nello stesso salotto ci ha pensato Maurizio Casasco, deputato di Forza Italia, a smontare le richieste delle opposizioni:

In Italia esiste da anni una contrattazione importante con i maggiori sindacati maggiormente rappresentativi. Da ex presidente di Confapi e quindi in rappresentanza della piccola e media industria privata garantisco che tutti i contratti che ho fatto con Confapi sono più alti di quanto stabilisce la proposta di salario minimo, ovvero dei 9 euro/h e così anche per i contratti di Confindustria. Questo perché una direttiva dell’Unione Europea stabilisce che la contrattazione collettiva è la soluzione primaria ed eventualmente il salario minimo debba essere la soluzione secondaria e anzi specifica che il salario minimo non può ritenersi una imposizione della direttiva.

Insomma, indipendentemente da quanto avvenuto in Commissione Lavoro, sul salario minimo si va avanti a suon di botta e risposta. Una discussione che interseca gli attori politici a quelli sindacali e datoriali.