La riforma pensioni le strade per uscire nel 2024: Le prospettive previdenziali future sono a rischio di tenuta. Per il governo Meloni, la riforma del sistema previdenziale italiano è una delle sfide più difficili. È inutile girarci intorno, il futuro degli italiani è legato a un doppio filo: risorse finanziarie e età pensionabile. Per i giovani lavoratori, la pensione rischia di diventare un’illusione ottica. Analizziamo nel dettaglio le possibili strade di uscita della riforma pensioni del 2024.
Riforma Pensioni: ecco le strade per uscire nel 2024
A pagare il conto più salato, i lavoratori con carriere discontinue e retribuzioni basse: una bomba sociale di nuovi milioni di poveri. Questo perché le pensioni dei lavoratori quarantenni di oggi potrebbero attestarsi sotto il limite di povertà.
Per questo motivo, nell’ultimo incontro tra il governo e le parti sociali, è emersa la possibile introduzione di una pensione di garanzia. Anche la Corte dei conti, nel rapporto del 2023 in merito alla finanza pubblica, ha spiegato l’impatto del calcolo della pensione con il solo sistema contributivo voluto nella riforma Dini del 1996.
Secondo il rapporto, il 28% dei lavoratori percepisce una retribuzione lorda inferiore ai 20mila euro annui. Questa condizione inciderà fortemente sul montante contributivo accumulato nel corso degli anni, pregiudicando l’importo della stessa pensione.
Contrariamente a quanto fatto in passato, dal governo Meloni ci si aspetta l’introduzione di misure idonee a soddisfare le esigenze dei lavoratori e non altre misure tampone.
Il doppio filo che lega l’idea di salario minimo, Quota 41, Quota 103, Opzione donna e Ape sociale non dovrebbe tradursi in piccole “manovre”, giusto per accontentare una parte dell’elettorato.
Tuttavia, la coperta è corta; preme molto di più mantenere la stabilità finanziaria del Paese. D’altra parte, ogni nuovo governo non fa altro che girare con maestria o gioco di parole i molteplici interessi che ruotano intorno alla riforma delle pensioni.
Anche questa volta sembra che la riforma pensioni sia stranamente legata al gioco delle tre carte. Tutti vogliono allontanare la riforma Fornero dalle pensioni, ma nessuno sembra realmente intenzionato a rivoluzionare il sistema previdenziale italiano.
Se ti interessa conoscere il motivo per cui il governo Meloni non può eliminare la legge Fornero, ti consiglio di leggere questo articolo.
Cosa è cambiato con la riforma Fornero?
Da tempo, le parti sociali hanno posto in risalto l’assenza di un piano organizzativo previdenziale volto all’introduzione di nuove misure che permettano una maggiore flessibilità in uscita dal lavoro. In particolare, mancano prospettive future previdenziali che “ammorbidiscono” le regole ordinarie di pensionamento. Il vero problema riguarda la pensione di vecchiaia a 67 anni di età e la pensione anticipata ordinaria con 41 o 42 anni e 10 mesi di sola contribuzione.
Nel 2023, è stata introdotta la Quota 103, ammorbidendo la pensione anticipata ordinaria, permettendo un’uscita dal lavoro a 62 anni con 41 anni di contributi e altri requisiti.
È stata rinnovata l’Ape sociale, un anticipo pensionistico accessibile da 63 anni e un minimo di 30 anni di contributi.
Infine, sono stati modificati i requisiti di accesso alla pensione Opzione donna, da 58 anni si è passati a 60 anni di età e altri requisiti che limitano l’accesso alla pensione a poche beneficiarie. In quest’ultimo caso, è più opportuno parlare di un inasprimento dei criteri di accesso al trattamento previdenziale.
L’assenza delle risorse finanziarie pone in ombra queste misure nate per mitigare gli effetti della legge Fornero e pone in rilievo la riconferma di regole già esistenti.
Per questo motivo, spesso si parla di un ritorno integrale all’austerità della legge Fornero. D’altra parte, negli ultimi 50 anni sono state introdotte tante variazioni al sistema previdenziale italiano.
Come sarà la riforma pensioni del 2024?
Come riporta Investireoggi.it, per l’uscita a 62 anni, il Ministro dell’Economia Giancarlo Girogetti è stato chiaro:
“Nella prossima manovra il governo non potrà contare su risorse infinite e le priorità sono già state individuate: rendere strutturale il taglio del cuneo, avviare la riforma fiscale e adottare misure in ottica natalità”.
Il che lascia capire chiaramente che la pensione anticipata non rappresenta una priorità perseguibile a breve dal governo Meloni.
Per l’uscita a 63 anni, è possibile che venga differita l’anticipo pensionistico Ape Sociale. A confermare questa ipotesi, il ministro del Lavoro Elvira Calderone, che spiega la necessità dell’Esecutivo di garantire una flessibilità in uscita, senza tralasciare l’importanza di garantire il ricambio generazionale. Calderone chiarisce:
“Verificare la sostenibilità di forme di anticipo pensionistico che non gravino unicamente sulla spesa pubblica, ma consentano un ciclo virtuoso fra lo Stato, i datori di lavoro e i lavoratori prossimi alla pensione”.
Per l’uscita a 64 anni correlata a 30 anni di contributi. Le migliori previsioni portano alla modifica di questa tipologia di trattamento prevista per i soli “contributivi puri”.
D’altra parte, si tratta di una prospettiva previdenziale legata a un assegno non inferiore a 2,8 volte l’assegno sociale. Si tratta di una misura raggiungibile da coloro che vantano una lunga e ricca carriera lavorativa.
È possibile che il governo Meloni permetta l’accesso a questo trattamento anche ai lavoratori, impiegati e operai.
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