Patrick Zaki è stato condannato a tre anni di carcere in Egitto, al netto di quelli già scontati. Ma perché è stato arrestato? Al momento non è chiaro il motivo esatto della nuova condanna, ma lo studente era accusato di «diffusione di notizie false dirette a minare la pace sociale», «incitamento alla protesta sociale senza permesso», «istigazione a commettere atti di violenza e terrorismo», «gestione di un account social che indebolisce la sicurezza pubblica» e «appello al rovesciamento dello stato». Accuse giudicate false e pretestuose dagli osservatori indipendenti.
Patrick Zaki, perché è stato arrestato? Il parere di Noury (Amnesty International)
Al Tg mondo di Cusano News 7, condotto da Vanessa Piccioni, è intervenuto Riccardo Noury, portavoce nazionale di Amnesty International Italia, che ha sottolineato come la condanna di Patrick Zaki sia da ricondurre anche ad una persecuzione di tipo religioso.
“C’è un enorme amarezza per quanto è avvenuto nella giornata di ieri -ha affermato Noury-. Dopo 3 anni e mezzo di lotta per Patrick Zaki siamo tornati al punto di partenza. Le dichiarazioni politiche di speranza che si sono susseguite parlando di un probabile risvolto positivo sulla sua vicenda erano evidentemente frutto di una retorica dei diritti poco concreta. Episodi come quello di ieri azzerano le chiacchiere.
Far intendere che dopo 22 mesi di carcere preventivo fosse tornato a casa, si fosse laureato e che il processo stava andando bene ha portato la politica e l’opinione pubblica a dimenticarsi di lui. Stiamo parlando di un processo falso, di fronte a un tribunale d’emergenza per un reato mai commesso. Patrick Zaki ha raccontato un fatto vero: la persecuzione religiosa dei cristiani copti, di cui ha abbondantemente raccontato anche Amnesty International.
Sono passati 10 anni dal colpo di stato di Al Sisi, anni segnati da una continua involuzione dei diritti umani: torture, persecuzioni, leggi contro la libertà di stampa, contro le manifestazioni e feroci discriminazioni. La minoranza dei cristiani copti subisce da sempre discriminazioni nelle leggi e nei diritti, ci sono stati lunghi periodi in cui le loro chiese venivano bruciate nell’indifferenza collettiva e nessuno faceva nulla.
I cristiani sono tantissimi anche in Italia e in Europa, perché queste vicende non suscitano compassione? C’è sicuramente una matrice di intolleranza religiosa anche nel caso di Patrick Zaki. Il ragazzo, tra le mille cose, è sicuramente da inquadrare anche come un caso di persecuzione per motivi religiosi. Il fatto che lui sia uno studente eccellente, andato anche all’estero, che sia ora molto visibile e si occupi di diritti umani ne ha fatto il bersaglio perfetto.
Il silenzio della politica italiana
Noury ha parlato anche dell’assordante silenzio della politica italiana sul caso Zaki:
“Ieri abbiamo chiesto al governo una nota ufficiale di protesta, è stata fatta una cosa diversa e si torna ancora una volta a chiedere di avere fiducia. Aspettiamo però ora che si facciano tutti i passi necessari per impedire a questo ragazzo altri 14 mesi di carcere in Egitto. Chiediamo un nuovo processo, con un nuovo giudice e magari un nuovo verdetto. C’è l’ipotesi grazia, è vero, ma deve essere chiesta in maniera ferma dalla diplomazia italiana.
Questa condanna macchierà anche il suo futuro da ricercatore e giornalista. La chiusura dell’ambasciata italiana può essere una presa di posizione utile ma in Egitto ha una doppia valenza, potrebbe servire ancora a qualcosa avere un rappresentante lì, qualsiasi cosa si faccia però sarà comunque un passo avanti rispetto a un anno e mezzo di silenzio. Sicuramente dovremmo smettere di vendere armi e addestrare le forze di polizia egiziana che spara per uccidere i suoi cittadini”.