Correva l’anno 1992, era il 19 luglio. In via D’Amelio 21, a Palermo, una Fiat 126, precedentemente rubata e imbottita di tritolo viene fatta esplodere nell’esatto momento in cui il giudice Paolo Borsellino citofona alla porta della sorella Rita. Muoiono sul colpo il giudice e i 5 uomini della sua scorta.
31 anni dopo, le più importanti cariche dello Stato italiano ricordano il sacrificio di Borsellino e l’eccidio efferato di via D’Amelio. Tra queste c’è anche il Prescindere della Repubblica Sergio Mattarella, che esprime parole commosse in memoria del giudice ucciso:
Nell’anniversario della strage di via D’Amelio, la Repubblica si inchina alla memoria di Paolo Borsellino, magistrato di straordinario valore e coraggio, e degli agenti della sua scorta – Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina.
Mattarella chiama per nome tutte le vittime di quell’afoso pomeriggio di luglio, come a voler sentire più vicina la loro eredità e il loro esempio: 6 servitori della Repubblica, che scelsero di non piegarsi alla Mafia e pagarono la loro posizione con la vita.
Mattarella commemora Paolo Borsellino: “Insieme a Falcone, dimostrò che la Mafia poteva essere sconfitta”
Sergio Mattarella esprime un ricordo accorato di Paolo Borsellino, ricordo che si mescola alla commemorazione di un altro storico sacrificio nella lotta contro la Mafia, quello di Giovanni Falcone. Due uomini, una sola missione e una sola giustizia che vince contro la criminalità organizzata: questo ciò hanno rappresentato Falcone e Borsellino e questo, si augura il Presidente della Repubblica, ciò che continueranno a dimostrare.
Quel barbaro eccidio, compiuto con disumana ferocia, colpì l’intero popolo italiano e resta incancellabile nella coscienza civile. Il nome di Paolo Borsellino, infatti, al pari di quello di Giovanni Falcone, mantiene inalterabile forza di richiamo ed è legato ai successi investigativi e processuali che misero allo scoperto per la prima volta l’organizzazione mafiosa e ancor di più è connesso al moto di dignità con cui la comunità nazionale reagì per liberare il Paese dal giogo oppressivo delle mafie.
Il Presidente parla di «moto di dignità», richiamando alla coscienza civile di tutti un fatto che non può essere dimenticato e che l’esempio di Falcone e Borsellino aiuta a tenere vivo: non può esserci dignità senza giustizia.
Mattarella e la lotta alla «complicità»
La criminalità organizzata ha molti volti, alcuni palesi, altri nascosti, subdoli e per questo ancora più difficili da sconfiggere: sono i volti della complicità e dell’omertà, quelli che permettono alla Mafia, supportata da un buono strato di paura, di continuare a insediarsi negli anfratti scoperti del nostro Paese.
È proprio su questo punto che si sofferma, in chiusura, la commemorazione di Mattarella: l’Italia deve farsi nemica dell’indifferenza e delle «zone grigie della complicità, con la stessa fermezza con cui si contrasta l’illegalità». Torna dunque l’esempio di Borsellino e Falcone:
Borsellino e Falcone avevano dimostrato che la mafia poteva essere sconfitta. Il loro esempio ci invita a vincere l’indifferenza, a combattere le zone grigie della complicità con la stessa fermezza con cui si contrasta l’illegalità, a costruire solidarietà e cultura dove invece le mafie puntano a instillare paura. In questo anniversario, desidero rinnovare i sentimenti di cordoglio e vicinanza ai familiari di Paolo Borsellino e degli altri servitori della Stato che pagarono con la vita la difesa della nostra libertà.