I lavoratori dipendenti possono scegliere autonomamente la destinazione del Trattamento di fine rapporto (Tfr). Il suo importo è liquidato solo alla cessazione del rapporto di lavoro, al momento di andare in pensione o, in alcune specifiche circostanze, si può chiedere un anticipo durante il rapporto di lavoro.

La scelta della destinazione deve essere effettuata dal dipendente quando viene assunto. Ci sono diverse opzioni: il Tfr in azienda (Fondo tesoreria dell’Inps) o al Fondo di previdenza complementare.

Nel testo analizzeremo tutte le possibili scelte e quali sono le differenze.

Destinazione del Tfr: ecco come indicare la scelta

Al momento dell’assunzione, i lavoratori dipendenti devono indicare dove destinare il Tfr. La scelta si effettua sul modello Tfr2, fornito al dipendente dal datore di lavoro.

Attraverso la compilazione del suddetto modello, il lavoratore dipendente esprime la sua scelta se destinare il Trattamento di fine rapporto:

  • In azienda;
  • Al Fondo di previdenza complementare.

Nel secondo caso, ovvero qualora scelga di destinarlo ad un fondo pensione complementare, il lavoratore è tenuto ad indicare anche i seguenti dati:

  • Il nome del fondo;
  • La data di adesione.

Si deve allegare, inoltre, la copia del modello compilato di adesione.

Tfr in azienda

Per i lavoratori dipendenti che scelgono di mantenere il Tfr in azienda, l’importo viene gestito in due modi diversi, a seconda della dimensione dell’azienda.

Quelle con fino a 49 dipendenti assunti, la gestione del Trattamento di fine rapporto è competenza del datore di lavoro. Invece, per le realtà più grandi, con almeno 50 dipendenti assunti, il datore di lavoro deve versare la “buona uscita” al Fondo tesoreria dell’Inps.

In questa seconda circostanza, il versamento non è dovuto solo per i seguenti dipendenti:

  • A domicilio;
  • Domestici;
  • Con rapporto di lavoro a tempo determinato della durata inferiore a 3 mesi;
  • Stagionali del settore agro-alimentare, per i quali il termine del rapporto di lavoro non è prestabilito;
  • Impiegati, quadri e dirigenti del settore agricolo, assicurati presso Enpaia.

Oltre a queste categorie di lavoratori dipendenti sopra indicati, il Tfr non deve essere versato al Fondo tesoreria dell’Inps per quelli per i quali i Contratti collettivi di lavoro prevedono l’accantonamento delle quote presso soggetti terzi.

Fondo di previdenza complementare

Se il dipendente opta per il fondo pensione, l’azienda è tenuta a versare il Tfr a decorrere dal mese successivo a quello della consegna del modello dove ha effettuato la scelta.

Ricordiamo che, oltre al Trattamento di fine rapporto, possono essere versati anche i contributi a carico del dipendente e del datore di lavoro.
Le somme versare al fondo di previdenza complementare vengono investite in base al profilo di rischio scelto.

Quali sono le differenze

Bisogna sapere che ci sono alcune differenze tra la scelta di destinare il Tfr al fondo tesoreria o ad un fondo completare. La prima differenza riguarda la rivalutazione. Nel primo caso, viene rivalutato in quota fissa dell’1,5%% più il 75% dell’indice Istat, nel secondo caso, in base al profilo di rischio.

Una seconda differenza riguarda l’accessibilità alle somme accantonate. Nel primo caso, il Tfr viene liquidato alla cessazione del rapporto di lavoro (eccezione per i casi di anticipo). Nel secondo caso, le somme saranno disponibili solo alla pensione.

Una terza differenza riguarda il trattamento fiscale. Nel primo caso, il Tfr è soggetto a tassazione separata. Nel secondo caso, le somme subiscono una ritenuta a titolo d’imposta del 15%.

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