Che il post Berlusconi abbia inizio. Forza Italia si organizza in vista della successione al fondatore scomparso, lo scorso 12 giugno, dopo un lungo periodo di malattia. Il tutto verrà formalizzato in occasione del Consiglio Nazionale di partito convocato per domani 15 luglio dove verrà formalizzata la leadership di Antonio Tajani che era già Vicepresidente di Forza Italia. Per ora sarà così, poi chissà. A mettere dubbi, o comunque a lasciare aperte altre possibili strade, è Giorgio Mulè. Il vicepresidente forzista alla Camera, infatti, ha rilasciato una intervista a Fanpage nella quale non ha escluso il possibile inserimento di altre personalità che possano fare da alternativa a Tajani.

Forza Italia, l’ipotesi di Mulè

Cominciamo con Antonio Tajani, che in maniera naturale ricoprirà il ruolo di presidente fino al congresso, e vedremo se d’ora in avanti matureranno delle candidature, interne a Forza Italia o di personaggi della società civile sui quali Berlusconi ha sempre puntato, che possano aiutarci a costruire questa via

Sono queste le parole di Giorgio Mulè che, come detto, non esclude possibili alternative a quelle del Vicepremier Antonio Tajani. Il Vicepresidente di Forza Italia alla Camera, poi, spiega che il ruolo potrebbe essere ricoperto da:

Chiunque abbia quell’idea, quei valori di libertà, di europeismo, di atlantismo, di garantismo che aveva il presidente Berlusconi. Le porte sono aperte a tutti e guai a chiuderle, a fare una selezione di qualsiasi tipo.

Alla domanda se questa figura possa essere Marta Fascina, Mulè ha risposto così:

Può essere chiunque. Se Marta riterrà di avere i numeri, quella visione e di poter affascinare, per fare un gioco di parole, i nostri elettori, perché no? Se riterrà di farlo si candiderà anche lei.

La magistratura politicizzata

Riconducibili al berlusconismo sono anche altre dichiarazioni rilasciate, sempre nella stessa intervista, da Giorgio Mulè. Il quale, inserendosi nel solco della recente diatriba aperta dalla Presidente del Consiglio Meloni contro una parte della magistratura italiana, ha detto che:

È sotto gli occhi di tutti il fatto che non da oggi, ma da trent’anni, ci sia una frangia della magistratura che si erge a paladina della politica e tenta di entrare in un campo che non le compete. Lo abbiamo visto sulla pelle di Silvio Berlusconi. La presidente Meloni ha ravvisato questo comportamento anche in alcune recenti vicende giudiziarie. Secondo me è la scoperta dell’acqua calda.

I toni si stanno accendendo su questo tema – non a caso è intervenuto anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – e sta tornando, sempre più forte, a marcarsi la linea di faglia che divide politica e magistratura. Mulè, tuttavia, specifica che:

Non è una resa dei conti, è un momento necessario in cui il governo deve fare il governo. E cioè deve fare quelle riforme attese da troppo tempo. È giusto che ora si facciano, non per punire qualcuno ma per riformare in meglio la giustizia italiana.

Sulla separazione delle carriere, che è uno dei punti su cui fa leva il Ddl del Ministro Nordio, ha detto che non c’è nessun intento punitivo da parte del governo. Questo perché:

Non c’è scritto da nessuna parte nella nostra Costituzione – ha detto Mulè – che tutti i magistrati debbano vivere il loro percorso professionale nella stessa maniera. La cultura del pubblico ministero e quella del giudice sono diverse. Sia per formazione che nella professione normale di tutti i giorni. Continuare a pensare che siano due figure fungibili significa non avere contezza di quella imparzialità, autonomia e indipendenza che il magistrato invece deve avere.