Non tutti i capigruppo della camera accetteranno l’indennità aggiuntiva per un aumento dei loro stipendi di oltre 1.200 euro netti. Il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle hanno reso nota la decisione di rinunciare all’aumento.

Per Pd e M5S, il provvedimento avrebbe interessato rispettivamente i capigruppo Chiara Braga e Francesco Silvestri. Quest’ultimo, in una nota, ha sottolineato come “grazie all’impegno” pentastellato “abbiamo evitato spese a carico degli italiani”.

Il riferimento è all’opera di contrasto dei grillini all’eventualità che l’indennità pesasse sulle casse di Montecitorio, e quindi dei cittadini. Silvestri spiega che il Movimento ha “ottenuto una modifica sostanziale spingendo le forze politiche di maggioranza ad accettare lo schema da noi proposto e a votarlo in Ufficio di Presidenza”.

Le indennità dei capigruppo, dunque, non saranno a carico degli italiani “ma eventualmente dei gruppi parlamentari”.

Io, Francesco Silvestri, in linea con la mia storia personale e quella del Movimento 5 Stelle, non mi avvarrò in alcun modo di questo aumento e farò in modo che le risorse, proprio come prima che questa delibera divenisse effettiva, vengano utilizzate per lo svolgimento delle nostre battaglie politiche.

Aumento stipendi capigruppo Camera, Foti: “Rinuncio senza difficoltà alcuna”

La decisione presa alla Camera, nel dettaglio, garantisce ai presidenti dei gruppi parlamentari di Montecitorio una indennità aggiuntiva pari a 2.226,92 euro lordi, 1.269,34 euro netti, al mese. L’indennità è prevista anche per i presidenti delle componenti del gruppo Misto, ma ridotta della metà.

Un cenno alla questione è arrivato anche da Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, in una nota. Foti ha anche parlato della possibilità di rinunciare all’indennità, cosa che si è detto pronto a fare “senza difficoltà alcuna”.

L’ufficio di Presidenza della Camera ha stabilito, senza alcun voto contrario, di attribuire ai capigruppo, un’indennità pari a quella percepita dai presidenti di Commissione, la più bassa tra quelle in vigore. Con una sostanziale differenza: quella riconosciuta ai capigruppo non comporta alcun aggravio di spesa al bilancio della Camera.

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