Dopo le polemiche scaturite dalle motivazioni della sentenza con cui il Tribunale di Busto Arsizio ha condannato a 30 anni Davide Fontana, l’uomo accusato dell’omicidio di Carol Maltesi, il giudice Giuseppe Fazio, ha sentito il bisogno di dire la sua. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera ha detto di essersi riferito alla vittima, definendola “troppo disinibita” dal punto di vista dell’imputato, aggiungendo che avrebbe usato le stesse parole anche se si fosse trattato di una suora (lei, invece, era una porno attrice). I familiari, costituitisi parte civile al processo, hanno già fatto sapere che faranno ricorso in Appello.
Omicidio Carol Maltesi, le parole del giudice dopo la sentenza choc
Sono convinto di non aver mancato di rispetto a nessuno, e non sarebbe stato diverso se la ragazza avesse fatto la suora anziché l’attrice. Se non si capisce ciò che abbiamo scritto, è senz’altro un problema mio, ma anche chi legittimamente critica le motivazioni dovrebbe leggerle nella loro concatenazione su concetti giuridici che hanno significato diverso rispetto alla Treccani.
Così, in un’intervista al Corriere della Sera, il giudice Giuseppe Fazio è tornato sulle motivazioni con cui la Corte d’Assise di Busto Arsizio ha condannato a 30 anni di reclusione Davide Fontana, l’uomo accusato dell’omicidio di Carol Maltesi. I fatti risalgono all’inizio del 2022. La 26enne, in arte “Charlotte Angie” fu uccisa dal 43enne, reo confesso, durante le riprese di un video hard casalingo e poi fatta a pezzi. Venne ritrovata, all’interno di alcuni sacchetti per l’immondizia, ai margini di una strada di campagna, dopo che un passante aveva dato l’allarme. Per molto tempo, però, era rimasta all’interno di un congelatore.
L’accusa, contestando le aggravanti della crudeltà, della premeditazione e dei motivi abbietti e futili, aveva chiesto che all’imputato fosse riconosciuto l’ergastolo. Pena che alla fine è stata esclusa perché, stando alle parole usate dai giudici nel documento, la 26enne sarebbe stata “troppo disinibita”, servendosi del suo assassino per perseguire i propri interessi – professionali e non – e spingendolo, quindi, all’omicidio, anche per “il senso di crescente frustrazione per essere stato da lei usato e messo da parte”. Una sentenza che in tanti hanno definito “choc”.
La reazione dei familiari della vittima
Sconvolge il giudizio morale che trasuda dalla sentenza. Con queste motivazioni, di fatto, si è consumata una evidente violazione della dignità dell’essere umano in quanto tale. Se Carol avesse continuato a svolgere l’attività di commessa come faceva prima della pandemia, a mio avviso a parità di circostanze e commettendo lo stesso crudele omicidio, con alta probabilità a Fontana sarebbe stato comminato l’ergastolo,
ha dichiarato, sconcertata, l’avvocata Annamaria Rago, che sostiene i familiari della vittima, costituitisi parte civile al processo. E ha fatto sapere di voler ricorrere in Appello.
Riguardo al movente dell’omicidio, la Corte ha operato una visione invertita – ha proseguito -. Di fatto i giudici non hanno ritenuto legittima la volontà di Carol di allontanarsi da Fontana e vivere la propria vita secondo i propri desideri, ma al contrario hanno valorizzato la prospettiva di Fontana di sentirsi frustrato per l’imminente abbandono, giustificando per tale via l’insussistenza dei motivi abbietti e futili.
Così come non è stata riconosciuta quella della crudeltà, nonostante le oltre tredici martellate alla testa inflitte alla vittima. In molti pensano che i 30 anni riconosciuti all’assassino siano pochi, in relazione all’entità del delitto. Secondo il giudice Fazio si tratta invece di una pena più che giusta, calcolata in seguito a un’attenta analisi delle circostanze.