Il giudice del Tribunale di Sorveglianza di Milano ha deciso di tornare sui suoi passi e revocare tutti i permessi premio accordati a Salvatore Parolisi in virtù della “buona condotta” tenuta nei 12 anni che ha trascorso in carcere. Sulla decisione sembrerebbero aver pesato le dichiarazioni rilasciate dall’uomo, condannato in via definitiva per l’omicidio della moglie, Melania Rea, a “Chi l’ha visto?”, nel corso della sua prima uscita dalla struttura di Bollate.
Revocati i permessi premio accordati a Salvatore Parolisi a causa della sua intervista a “Chi l’ha visto?”
Nell’intervista, andata in onda il 5 luglio scorso, Salvatore Parolisi aveva dichiarato di essere stato “ingiustamente condannato” a 20 anni per l’omicidio della moglie, consumatosi nell’aprile del 2011 a Teramo. Oltre a ribadire di non “averla uccisa”, come ha sempre sostenuto, aveva anche affermato di non aver preso l’ergastolo perché contro di lui, in sostanza, non c’erano prove.
L’ho sempre detto anche al giudice, da uomo, da militare e da padre: datemi l’ergastolo e buttate la chiave se sono stato io, se ho fatto una cosa del genere e me lo provate. Perché a me non l’hanno mai provato.
Se gli furono dati 20 anni è perché, come ha evidenziato il legale che sostiene la famiglia Rea, l’avvocato Mauro Gionni, quando fu processato non erano ancora in vigore le leggi che ci sono oggi e, ad esempio, potè accedere al rito abbreviato, andando incontro allo sconto di un terzo della pena. Non significa, però, che fosse innocente: i giudici lo riconobbero colpevole dopo aver raccolto una serie di prove schiaccianti, come le tracce del suo Dna trovate nell’area dell’arcata dentaria di Melania, come se, prima di ucciderla, le avesse dato un bacio.
Ciò che ha detto in tv, soffermandosi anche sui rapporti con la moglie, l’amante e altre donne, mostrerebbe, secondo il magistrato del Tribunale di Sorveglianza di Milano, che non ha ancora fatto il “lavoro introspettivo” che dovrebbe portarlo ad accettare la pena, al fine di poter essere reinserito in società, come previsto dai permessi premio. Ecco perché, nelle scorse ore, gli sono stati revocati. L’obiettivo è spingerlo a riflettere su ciò che ha detto e ha fatto.
La reazione della famiglia di Melania Rea
I familiari di Melania Rea erano rimasti indignati per le sue parole e si erano chiesti se avesse ricevuto un’apposita autorizzazione, prima di registrare l’intervista. L’avvocato Gionni, mettendo in evidenza la gravità delle sue esternazioni, aveva detto anche di voler rivolgersi al magistrato del Tribunale di Sorveglianza proprio per chiedergli una revoca dei permessi.
Temo che agli educatori sia sfuggito che Parolisi non sia giunto al punto tale da meritare permessi premio per quello che continua a fare, mentire. Dovrebbe almeno avere il buongusto, non dico di riconoscere le proprie responsabilità – aveva dichiarato -, ma di evitare di aggiungerci sciocchezze.
La ricostruzione dell’omicidio
Secondo i giudici che l’hanno condannato, Parolisi avrebbe ucciso Melania con oltre 35 coltellate, mentre si trovavano in un boschetto del Teramano insieme alla figlia di appena 18 mesi, Vittoria, per una gita. Poi avrebbe cercato di depistare le indagini, incidendole una svastica sulla pelle e conficcandole una siringa nel giubbino.
Il tutto per potersi ricostruire una vita con l’amante, Ludovica, una militare che aveva conosciuto sul luogo di lavoro e a cui, per tempo, avrebbe promesso di lasciare la moglie. All’epoca dei fatti era caporalmaggiore dell’esercito ad Ascoli. Dopo il ritrovamento del corpo di Melania, a tutti fu chiaro il suo coinvolgimento nel delitto. A tutti tranne che a lui che, dopo anni dalla condanna, prova ancora a dichiararsi innocente, mostrando di non essersi pentito.