Ennesima tragedia in mare per un gruppo di migranti partiti dalla Tunisia: la guardia costiera tunisina ha annunciato di aver salvato 25 migranti sub-sahariani, ma di aver recuperato anche 13 corpi. Continua la situazione di scontri e minacce fra popolazione locale e migranti che attraversano la Tunisia per arrivare in Europa.

Il naufragio a largo di Sfax e i migranti morti in mare

Con un annuncio recente la guardia costiera tunisina ha reso noto di aver recuperato i corpi di 13 migranti, annegati al largo della cittadina portuale di Sfax. Altri 25 migranti sono stati invece tratti in salvo e riportati sulla terraferma. Il comunicato della guardia costiera rende noto che l’operazione di salvataggio e di recupero dei corpi si è resa necessaria per evitare l’ennesima partenza illegale da Sfax verso l’Europa, principalmente verso l’Italia.

Al momento non sono stati resi noti altri dettagli, se non la provenienza del gruppo di migranti (l’Africa sub-sahariana): ignoti i motivi del naufragio come anche l’età o la presenza di donne e bambini a bordo.

Gli scontri a Sfax fra popolazione locale e migranti e le politiche repressive tunisine

Nelle settimane precedenti a questo naufragio la Tunisia e in particolar modo Sfax sono stati teatro di scontri violenti fra la popolazione locale e i molti migranti che si avvicinavano alla città. L’obiettivo di questi era pagare gli scafisti che poi li avrebbero sistemati su barche fatiscenti e inadatte a lunghe traversate, ma nonostante ciò messe in mare.

Spesso i migranti provengono da zone in perenne guerra civile, con povertà endemica o sono vittime di persecuzioni nei propri luoghi di origine. Tornare indietro per loro significherebbe la morte o finire rinchiusi in luoghi di tortura. Oggi però tutto ciò capita anche in Tunisia: il presidente tunisino, Kaïs Saïed, ha accentuato nei suoi discorsi la retorica anti-migranti e tendente al complottismo (i migranti sub-sahariani arriverebbero in Tunisia per sostituire la popolazione locale).

Nel mentre Europa, in particolare l’Italia, e il FMI discutono se dare alla Tunisia i finanziamenti richiesti a gran voce da questi, la cui economia non riesce a soddisfare molti dei bisogni basilari dei tunisini. Molti di questi, spinti dalla disperazione e dalla retorica razzista di Saïed, hanno cacciato da molte città i migranti lì presenti, sfociando in scontri con alcune vittime.

Impossibile quindi credere, come alcuni dicono, che la Tunisia rappresenti per chi viene respinto un porto sicuro: il presidente Saïed ha scelto ormai di usare i migranti come arma per far pressione su Italia e FMI, lasciandone molti in campi profughi ai confini con la Libia.

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