Riforma delle pensioni del 2024, uno dei pochi punti chiari è quello di un rimando della quota 41, misura fortemente attesa dai lavoratori precoci con oltre quattro decenni di contributi versati. Il governo dovrà risolvere i nodi delle risorse da inserire nella prossima legge di Bilancio al capitolo delle pensioni. Sulle risorse, peraltro, graverà come una spada di Damocle la questione dell’indicizzazione degli assegni mensili all’inflazione, che aggiungerà nuova spesa a quella già in aumento negli ultimi anni sulla previdenza. Peraltro, alcune misure attendono conferma, come quella delle pensioni minime a 600 euro mensili per gli over 75.
Nell’ultimo tavolo che si è tenuto al ministero del Lavoro con i sindacati e l’Osservatorio della spesa previdenziale, non sono emerse chiaramente le intenzioni del governo riguardo alle misure di riforma delle pensioni. Molto dipenderà dalla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef) di fine settembre prossimo, che darà informazioni più chiare circa le risorse che l’esecutivo stanzierà in autunno per la legge di Bilancio 2024. Fino ad allora, si viaggerà a vista, con altri tavoli previsti al ministero del Lavoro e ulteriori richieste dei sindacati che, peraltro, non escono pianamente soddisfatti dal lavoro di concertazione svolto finora.
Riforma pensioni 2024, quota 41 esclusa: dal governo i nodi delle risorse e degli aumenti per l’inflazione
Sulla riforma delle pensioni del 2024 pesano le incognite relative alle risorse che il governo stanzierà al capitolo della previdenza nella legge di Bilancio del prossimo anno. L’esecutivo prenderà le decisioni sulle pensioni solo con la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Nadef) di settembre, in vista dell’adozione della Manovra 2024 nel prossimo autunno. Fino ad allora, probabilmente si faranno delle ipotesi che, però, necessiteranno delle relative coperture sulle quali, in ogni modo, non è facile fare delle previsioni. In primis, perché sui conti previdenziali del governo peserà l’indicizzazione delle pensioni all’inflazione che, per il 2024, segnala un 6% dopo il 7,3% del 2023, con dato definitivo all’8,1%. In questo scenario, la spesa delle pensioni aumenterà notevolmente solo considerando l’adeguamento degli assegni dei pensionati e le pensioni minime.
A proposito di queste ultime, il governo dovrà decidere se rendere strutturale l’aumento a 600 euro delle pensioni minime degli over 75 anni, coprendo un aumento del 6,5% rispetto alla platea degli under 75 per i quali gli incrementi mensili si fermano all’1,5%.
Uscita anticipata: possibile proroga di quota 103 e Ape sociale, novità su opzione donna
In ogni caso, l’adeguamento delle pensioni all’inflazione sarà il capitolo più impegnativo relativo alla spesa previdenziale anche nel prossimo anno, che prevede ulteriori 60 miliardi di euro di aumento dei costi delle pensioni fino al 2032. Per queste ragioni, la quota 41 per tutti dovrebbe essere messa da parte in attesa di periodi migliori della finanza pubblica, probabilmente nella seconda parte della legislatura. Per il prossimo anno, il governo dovrebbe puntare su un’opzione ponte per assicurare strumenti di pensione anticipata alternativi alla riforma Fornero ai lavoratori. Qualcosa in più si saprà già nel prossimo incontro al ministero del Lavoro, previsto per il 18 luglio, quando si parlerà di strumenti di uscita flessibile e di pensioni anticipate. I sindacati spingono per l’uscita con 41 anni di contributi e flessibilità a 62 o 63 anni di età.
Tutto sommato, il governo dovrebbe arrivare a una soluzione temporanea anche per il prossimo anno, con la probabile conferma di quota 103 e un potenziamento dell’Ape sociale con qualche lavoro in più tra i faticosi e gravosi. Qualche opzione potrebbe arrivare dai report del nuovo Osservatorio della spesa previdenziale che, oltre a un monitoraggio della finanza pubblica sui costi pensionistici, dovrebbe formulare anche delle ipotesi di nuovi strumenti di pensionamento anticipato. Qualche proposta potrebbe arrivare a fine settembre, a conclusione dei tavoli previdenziali, anche sul fronte delle uscite flessibili delle lavoratrici per le quali occorrerà rimettere mano all’opzione donna.