Gli scenari demografici più recenti mettono in luce come entro i prossimi venti anni in Italia vi sarà una riduzione consistente della
popolazione in età di studio e di lavoro. Sono questi i dati dell’ultimo report realizzato dall’Istat.
Tuttavia, la contrazione della platea di studenti può essere mitigata dalla diminuzione degli abbandoni nelle scuole secondarie superiori e da un aumento dei tassi di partecipazione all’istruzione universitaria. In entrambi i casi si sono registrati progressi significativi già nell’ultimo decennio, ma la distanza dai paesi più virtuosi dell’Unione europea è ancora ampia, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno. Inoltre, le maggiori criticità di queste ultime riguardano anche le competenze dei diplomati, che risultano in media più basse rispetto a quelle misurate al Centro-Nord.
Forte calo della popolazione in età da lavoro
Quasi un quinto dei giovani tra 15 e 29 anni in Italia non lavora e non studia (il dato più elevato tra i paesi Ue dopo la Romania), e fino a un terzo in Sicilia. Favorirne l’ingresso nel sistema formativo e nel mercato del lavoro potrebbe contribuire a ridurre la dissipazione del
capitale umano dei giovani, risorsa sempre più scarsa nel prossimo futuro.
Gli effetti del calo della popolazione in età da lavoro e dell’invecchiamento sono apprezzabili già oggi. Nonostante il recente andamento favorevole dell’occupazione, l’Italia si colloca ancora all’ultimo posto in ambito europeo e, al tempo stesso, detiene il primato
(dopo la Bulgaria) per l’elevata età media degli occupati. L’aumento dei tassi di occupazione, in particolare per i giovani e le donne, potrebbe compensare la perdita prevista nel numero di occupati per effetto della dinamica demografica.
Gli effetti delle tendenze demografiche sul mercato del lavoro non vanno intese dunque come un destino ineluttabile. Il nostro Paese può conseguire ampi margini di contenimento degli effetti sfavorevoli della dinamica demografica agendo sul recupero dei ritardi strutturali. In questa prospettiva, per competere nella società della conoscenza, è fondamentale l’investimento in capitale umano e l’impiego di professionalità qualificate, unitamente alla modernizzazione del sistema produttivo.
Focus sull’ invecchiamento della popolazione
L’invecchiamento della popolazione è un fenomeno strutturale comune a tutti i 27 paesi dell’Unione europea, con effetti sia sui sistemi previdenziali e l’offerta di servizi sociali, sia sul mercato del lavoro e il capitale umano. In Italia, l’età mediana della popolazione,
attualmente 48,3 anni, è la più elevata tra i paesi Ue e si prevede salirà fino a 51,6 anni nel 2050.
Per l’Italia, secondo i dati più recenti sugli scenari demografici prodotti dall’Istat, tra il 2021 (anno base) e il 2050 si stima una riduzione della popolazione residente pari a quasi 5 milioni (da 59 a poco più di 54 nello scenario mediano), nonostante l’ipotesi di
saldi migratori positivi. Al riguardo, è bene precisare che l’entità della riduzione è soggetta a una forte variabilità in relazione agli scenari di previsione.
Una parte rilevante del cambiamento di lungo periodo nella struttura demografica, avviato da tempo, si realizzerebbe già tra il 2021 e il 2041: in questo ventennio, i residenti nella fascia di età fino ai 24 anni si ridurrebbero del 18,5 per cento, perdendo circa 2,5 milioni e la
popolazione adulta tra i 25 e i 64 anni scenderebbe di 5,3 milioni (-16,7 per cento).
Focus sul progressivo invecchiamento della forza lavoro
Le previsioni demografiche mostrano come l’attuale grado di invecchiamento della popolazione in età di lavoro si aggraverà nei prossimi anni. Tuttavia, le variazioni nella consistenza e nella struttura per età e genere della forza lavoro sono il frutto sia della
dinamica demografica sia dell’evoluzione nei modelli di partecipazione e dei cambiamenti normativi. La partecipazione al mercato del lavoro delle donne, ad esempio, è progressivamente cresciuta per le generazioni che si sono succedute a partire dagli anni ‘50 del secolo scorso, mentre l’aumento della scolarizzazione ha ritardato l’ingresso dei giovani
nel mercato del lavoro.
Nel corso degli anni ‘90, il ritmo di crescita dell’età media delle forze di lavoro di 15-64 anni è stato modesto, subendo in seguito un’accelerazione rafforzata dalla riforma del sistema pensionistico del 2011. Per conseguenza, negli ultimi 30 anni il processo di
invecchiamento è stato più rapido di quello della popolazione della stessa classe d’età: tra il 1993 e il 2022 l’età media delle forze di lavoro è cresciuta di 6,2 anni rispetto ai 3,9 anni della popolazione e, a partire dal 2009, ha superato l’età media della popolazione,
arrivando nel 2022 a 43,6 anni (contro 42,0 anni per la popolazione).
Federico Luciani