Il primo passo dell’agenda Ursula è andato e le destre europee sono sul piede di guerra.

Ieri a Strasburgo in seduta plenaria il parlamento ha votato la “Nature Restoration Law“, anche con i voti del PPE, segnando il primo passo verso l’attuazione del ‘Green deal‘ tanto voluto dalla presidente della commissione Ursula von der Leyen.

L’Europa è spaccata a metà tra scettici e catastrofisti del clima

A partire dal nostro governo che, con i due vice premier si è schierato completamente contro la nuova politica ambientalista della commissione, così da far dell’intero continente europeo un campo di battaglia in perenne lotta intestina.

La presa di posizione del governo italiano parte da un punto di vista tutto legato ad una visione tutta nostra dell’industria agricola e non. L’approccio del governo Meloni è stato improntato fin dall’inizio su una flebile difesa di principio per ogni cosa che potesse essere considerata italiana. ù

Senza tener contro se tali produzioni o servizi siano in linea con le tendenze future dei mercati che nella realtà guardano ad una sostenibilità differente.

Secondo Tajani, se c’è da cercare un colpevole la burocrazia europea dovrebbe guardarsi allo specchio, “la transizione ecologica va realizzata attraverso obiettivi raggiungibili altrimenti le imprese delocalizzano in paesi dove non ci sono regole e si inquina ancora di più. Il fondamentalismo porta a un inquinamento maggiore”.

Stessa linea per il ministro Salvini

l’altro vicepremier, il ministro Salvini invece, non usa mezze parole e va giù duro contro la politica europea del ‘Green deal’.

“Nessuno vota contro la natura ma qui siamo all’assurdo, vogliono togliere le terre ai nostri agricoltori per poi farci comprare le merci da altri paesi che inquinano di più. Pensare di sottrarre il 10% delle terre alla nostra agricoltura è una follia, significa mettersi in mano ad altri paesi”.

Il ministro Salvini però vede un futuro tutto suo. L’agricoltura italiana non ha certo bisogno di altri campi da coltivare, una ricerca parla di un terribile impoverimento del nostro suolo.

Secondo uno studio della Commissione dell’Unione Europea, il 47% dei terreni coltivati in Italia è in cattivo stato di salute. La nostra produzione agricola è quella in cui si registra la perdita di valore maggiore di tutta Europa.

La nuova legge apre ad una visione di minore sfruttamento

Il nuovo corso verde dell’agenda Ursula mira invece a costruire un nuovo modo di intendere la produzione agricola, rispristinando la biodiversità in quei luoghi abbandonati o in quei campi dove lo sfruttamento intensivo ha reso la produzione insostenibile.

Sono proprio l’uso indiscriminato delle risorse naturali che hanno ridotto alcune zone agricole al totale degrado, lasciando un suolo altamente inquinato. In particolare proprio l’inquinamento dei suoli, resta uno dei principali motori delle crisi climatiche e della scomparsa di biodiversità.

Forse la politica fa finta di non vedere i problemi in cui verte la nostra agricoltura invasa da specie aliene che stanno trasformando le nostre coltivazioni. Basti vedere gli effetti della cimice, dei granchi sulle vongole o della flavescenza dorata che sta mettendo in pericolo tutte le coltivazioni di vite nel nord-est.

Tutti questi fenomeni sono dovuti principalmente a politiche di monoculture su vasti territori che devastano la biodiversità e creano problemi alla vita degli insetti impollinatori, le api ne sono un esempio.

Inoltre il cambiamento climatico è l’evidente causa dell’alternanza di periodi di totale siccità a piogge monsoniche a cui il nostro territorio non è abituato.

Sicuramente la rigidità delle motivazioni degli ambientalisti lasciano poco spazio alla critica ma resta evidente come le due metà dell’Europa dovranno presto fare i conti con un tempo che è quasi scaduto.