La televisione era in bianco e nero e non c’era in casa ma in quella dei vicini e lì si riunivano le famiglie del caseggiato per vedere gli spettacoli, le partite di calcio, le tappe del Giro d’Italia. Nei miei ricordi di bambino c’è l’elezione del presidente della Repubblica con tanti scrutini perchè i partiti non riuscivano a trovare l’accordo. Erano gli anni Sessanta, per la precisione il ’64, quando Giuseppe Saragat, torinese, viene eletto presidente della Repubblica.

Evaso dal carcere dove era stato rinchiuso per la sua militanza antifascista, costretto all’esilio in Francia, è un protagonista della storia italiana del secondo dopoguerra, leader storico del Partito Socialista Democratico Italiano, più volte vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri. Nella storia politica contemporanea forse non ha lo spazio che merita.

“Fate che il volto di questa Repubblica sia umano”

Tra i suoi tanti pensieri mi ha colpito una riflessione sulla Repubblica, che può essere uno spunto per tanti politici che usano le parole come spade: “Fate che il volto di questa Repubblica sia un volto umano. Ricordatevi che la democrazia non è soltanto un rapporto fra maggioranza e minoranza, non è soltanto un armonico equilibrio di poteri sotto il presidio di quello sovrano della Nazione, ma è soprattutto un problema di rapporti fra uomo e uomo. Dove questi rapporti sono umani, la democrazia esiste; dove sono inumani, essa non è che la maschera di una nuova tirannide”. Che Saragat aveva conosciuto.

Stefano Bisi

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