Secondo il report 2023 realizzato dall’ADP Research Institute, i lavoratori richiedono una remunerazione adeguata all’aumento del
costo della vita. Aspirano a un lavoro che li soddisfi dal punto di vista personale e professionale, auspicando quella flessibilità che
negli ultimi anni è sempre più richiesta. Desiderano una cultura aziendale che li sostenga e promuova l’equità e l’inclusività. Inoltre,
si aspettano che i datori di lavoro investano nel loro futuro attraverso la formazione e le opportunità proattive di sviluppo
professionale.
Report sul lavoro 2023: qual è la giusta misura tra paga e retribuzione
Quest’anno i lavoratori hanno molte aspettative sugli aumenti di stipendio. Più di sei lavoratori su dieci (62%) hanno già ricevuto un aumento l’anno scorso, con incrementi medi pari al 6,4%. Ma è improbabile che le richieste si plachino, soprattutto se si pensa
che il 44% dei lavoratori ritiene di ricevere una retribuzione troppo bassa rispetto al ruolo ricoperto. Oltre otto dipendenti su dieci (83%) si aspettano un aumento nel 2023, e in media prevedono un incremento dell’8,3%, mentre appena più di un terzo (34%) confida in un
aumento pari o superiore al 10%. Gli uomini hanno ricevuto o stanno per ricevere aumenti maggiori rispetto alle donne, ma sono anche i più inclini a dichiarare di ricevere uno stipendio non adeguato. Gli errori nei pagamenti restano una costante. In un momento in cui la crisi del costo della vita grava pesantemente sulle finanze dei lavoratori, il 43% dichiara di ricevere sempre, spesso o talvolta una paga inferiore a quella prevista, con potenziali problemi di liquidità che sfociano persino in difficoltà economiche.
L’importanza e l’impatto della flessibilità
La flessibilità è stata scalzata da fattori come l’avanzamento di carriera e la soddisfazione sul lavoro, anche se quasi tre lavoratori su dieci (29%) puntano ancora sull’importanza dell’orario flessibile. I lavoratori in modalità “ibrida” sono più soddisfatti della flessibilità di cui godono (60%), mentre la minor soddisfazione (50%) si registra tra le persone che si recano tutti i giorni in ufficio. Accontentare le esigenze di flessibilità dei dipendenti che non possono scegliere dove lavorare rappresenta una sfida per i datori di lavoro: chi lavora esclusivamente da remoto ha una maggiore libertà di scelta in termini di luogo di lavoro (22%) ed è più incline a prendere in considerazione di entrare nella gig economy (14%). Nel complesso, di recente solo l’8% dei lavoratori ha preso in
considerazione il “gig work”, e questo fa pensare che l’ambiente attuale offre pochi incentivi.
Il lavoro da remoto sta assumendo un respiro sempre più internazionale: quasi la metà dei lavoratori (48%) afferma di essersi già trasferita o di pensare di trasferirsi all’estero continuando a lavorare per il proprio datore di lavoro.
Pensieri sul futuro
Anche se secondo il 62% dei dipendenti tutti i settori risentiranno delle conseguenze dell’incertezza economica, il settore tecnologico/informatico è ritenuto quello a maggiore “prova di futuro” (44%). Quasi quattro lavoratori su dieci (37%) dichiarano di
non sentirsi sicuri sul lavoro. Tuttavia, l’ottimismo riguardo ai prossimi cinque anni nell’ambiente di lavoro resta elevato (87%). I più soddisfatti delle opportunità di avanzamento di carriera e di formazione/ sviluppo sono i dipendenti del settore finanziario: lo
afferma il 63%, rispetto a circa la metà dei molti altri settori coinvolti nel sondaggio. I dipendenti più giovani sono quelli che si sentono meno sicuri sul lavoro (50%), ma sono disposti ad adattarsi pensando di cambiare settore (20%) e persino di fondare un’impresa
propria (25%). Al contempo, un lavoratore su sei con più di 55 anni di età (17%) sta prendendo in considerazione la pensione anticipata.
Federico Luciani