Era stata dimessa dal pronto soccorso dell’ospedale di San Donà di Piave, in provincia di Venezia, con la diagnosi di “brachialgia” ma, dopo qualche giorno, se ne era andata a causa di un infarto a 45 anni. Per la morte prematura di Debora Berto è stato ora condannato a un anno con la condizionale il medico specializzando che l’aveva visitata. Secondo i giudici fu il suo “errore di valutazione” a provocare il decesso della donna che, se sottoposta ad accertamenti più accurati, come previsto in caso di emergenza, avrebbe potuto salvarsi.
Per omicidio colposo si indaga anche sul decesso di Fabio Cairoli, il 58enne deceduto sull’Isola del Giglio dopo essere stato visitato al pronto soccorso e aver avvertito un malore.
Viene dimessa per “brachialgia” ma muore d’infarto: specializzando condannato per omicidio colposo
I fatti risalgono all’11 dicembre del 2020. In mattinata, attorno alle 10.40, Debora Berto si era recata al pronto soccorso di San Donà di Piave, in provincia di Venezia, lamentando degli specifici fastidi,
algie all’avambraccio e al polso sinistri da qualche giorno, con lieve impotenza funzionale senza dolore alla palpazione.
Sintomi che avrebbero dovuto insospettire colui che l’aveva visitata, il medico specializzando di 36 anni condannato ieri, 10 luglio, perché, invece di prescriverle esami più accurati e trattenerla in reparto, aveva deciso di dimetterla, rinviandola al suo medico di base e diagnosticandole una banale “brachialgia” – una condizione di natura ortopedica che si avverte a causa dell’irritazione del nervo spinale del collo -, senza capire che, in realtà, erano i segni di un infarto. Quello che, pochi giorni dopo, il 16 dicembre, avrebbe stroncato la vita della 45enne.
Secondo la pm, Federica Baccaglini, in quell’occasione l’imputato
ometteva di indagare eventi scatenanti o che precedono l’inizio della sintomatologia, la qualità del sintomo e la severità, non attenendosi alle raccomandazioni della buona pratica clinica in emergenza.
Accertamenti (come l’Ecocardiogramma) che, se condotti,
avrebbero permesso, con elevata probabilità, di diagnosticare una sindrome coronarica acuta.
Sventando la morte della paziente, che invece era stata rassicurata circa le sue condizioni di salute e spinta a seguire una semplice terapia farmacologica antidolorica per cinque giorni. A riportarlo è il Corriere della Sera, che fa notare che, giusto qualche giorno fa, la Corte di Cassazione ha anche dichiarato illegittima l’assunzione straordinaria degli specializzandi voluta dalla Regione Veneto in epoca Covid.
Si indaga anche sulla morte del manager deceduto all’Isola del Giglio
È per omicidio colposo anche il fascicolo d’inchiesta aperto dalla Procura di Grosseto per fare luce sul decesso di Fabio Cairoli, il manager di 58 anni deceduto a bordo di uno yacht ormeggiato a Giglio Porto, sull’Isola del Giglio, sabato 8 luglio scorso. Stando a quanto emerso nel corso delle indagini, l’uomo avrebbe accusato un malore mentre si trovava in vacanza.
Il giorno prima si era recato presso l’ospedale San Giovanni di Orbetello per dei problemi fisici e i medici di turno gli avevano diagnosticato un fuoco di Sant’Antonio, un virus causato dall’herpes che provoca fastidiosi sfoghi cutanei. Per capire se avesse anche altro e se le sue condizioni di salute siano state, in qualche modo, travisate, configurando condotte omissive da parte del personale, sul corpo sarà effettuatta l’autopsia.
Per lo stesso motivo, i carabinieri avrebbero già disposto il sequestro delle sue cartelle mediche e dei suoi referti. Una volta intervenuti sul posto, dopo essere stati chiamati da alcuni testimoni, a niente erano serviti i tentativi dei soccorritori del 118 di salvarlo. L’elisoccorso non aveva neanche fatto in tempo ad atterrare: l’uomo era già morto.
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