Nel mondo del lavoro, esistono diverse situazioni, come la reperibilità e la pronta disponibilità, in cui un dipendente potrebbe essere a disposizione del datore di lavoro, anche se non impegnato attivamente nel lavoro. Ovviamente, queste logiche includono meccanismi di retribuzione differenti e rientrano anche nella questione dei diritti dei lavoratori e nei doveri dei datori di lavoro. Andiamo a fare un po’ di chiarezza.

Differenze tra reperibilità e pronta disponibilità: cos’è la disponibilità nel lavoro intermittente

La disponibilità riguarda il dovere del lavoratore intermittente di rispondere alla chiamata del datore di lavoro, come stabilito dalla legge. Questo tipo di contratto di lavoro, noto anche come contratto a chiamata, consente al datore di lavoro di utilizzare il dipendente in modo discontinuo, sia per contratti a termine che indeterminati.

Durante i periodi in cui il lavoratore non è attivo, non c’è retribuzione a meno che non sia stata stabilita una disponibilità con il datore di lavoro. In questo caso, il dipendente ha diritto all’indennità di disponibilità. Se il lavoratore rifiuta ingiustificatamente la chiamata, ciò può portare al licenziamento e alla restituzione della quota di indennità di disponibilità relativa al periodo successivo al rifiuto.

Differenze tra reperibilità e pronta disponibilità: cosa significa reperibilità nel mondo del lavoro

La reperibilità prevede che il lavoratore si renda disponibile per il lavoro al di fuori del normale orario lavorativo. Ci sono due tipi di reperibilità: attiva, quando il dipendente è effettivamente impegnato in attività lavorative, e passiva, quando è semplicemente disponibile.

La retribuzione per la reperibilità può dipendere da vari fattori, tra cui i tempi di risposta del lavoratore, l’abbigliamento tecnico richiesto, l’accesso a un veicolo aziendale e la durata e frequenza degli interventi.

Cos’è la pronta disponibilità

La pronta reperibilità, o pronta disponibilità, è un servizio stabilito dal datore di lavoro in base alle esigenze organizzative e rispetto alle previsioni del contratto collettivo. Questa clausola non può essere introdotta autonomamente dal datore di lavoro se non è prevista dal contratto collettivo nazionale.

In particolare, il servizio di pronta disponibilità è determinato dall’immediata reperibilità del dipendente e dall’obbligo per lo stesso di raggiungere la struttura nel tempo prestabilito.

La reperibilità è considerata come orario di lavoro?

Secondo il D.lgs. 66/2003, l’orario di lavoro comprende qualsiasi periodo in cui il lavoratore è a lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio delle sue attività o funzioni. Tuttavia, la mera disponibilità del lavoratore a recarsi a lavoro quando richiesto dal datore non rientra nell’orario di lavoro. Si tratta di una prestazione accessoria, diversa dalla prestazione di lavoro, per la quale il datore di lavoro è tenuto a fornire un compenso aggiuntivo.

L’indennità di reperibilità: quando viene pagata

L’indennità di reperibilità viene pagata in seguito all’assunzione dell’obbligo di reperibilità da parte del lavoratore. Questo è un pagamento aggiuntivo alla normale retribuzione e viene stabilito dalla contrattazione collettiva o, in assenza, dalle parti o dal giudice.

Riposo compensativo e reperibilità

Se la reperibilità passiva cade in un giorno festivo o durante il riposo settimanale, il dipendente non ha automaticamente diritto al riposo compensativo. Il riposo del lavoratore è limitato, ma non completamente escluso, e la reperibilità è già economicamente compensata attraverso l’indennità aggiuntiva.

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Diritto ai riposi compensativi in caso di reperibilità nei giorni festivi

Esistono differenze significative tra la pronta disponibilità passiva, ovvero la mera reperibilità del lavoratore, e la pronta disponibilità attiva, ovvero l’intervento effettivo del lavoratore in caso di necessità.

Quando si tratta di reperibilità nei giorni festivi, se un lavoratore è in pronta reperibilità attiva, cioè viene effettivamente chiamato a lavorare, ha diritto a un riposo compensativo. Questo è previsto perché, in queste circostanze, il lavoratore ha dovuto effettivamente lavorare durante un periodo di riposo o un giorno festivo.

Al contrario, se un lavoratore è in pronta reperibilità passiva, ovvero è reperibile ma non viene chiamato a lavorare, non ha automaticamente diritto a un riposo compensativo. Questo perché il lavoratore, sebbene limitato nei suoi movimenti e nelle sue attività, non ha effettivamente svolto lavoro.