Facciamo così: vi risparmiamo la solita premessa di articoli come questo e arriviamo al sodo. State valutando quale Facoltà scegliere per puntare con decisione al mondo del lavoro? Bene, moltissimi consigliano un grande classico: il campo sanitario. E tra qualche riga cercheremo di spiegarvi il perché.
Quale Facoltà scegliere puntando al futuro? Il grande classico è il campo medico.
E aggiungiamo un’introduzione, questa sì, d’obbligo: stiamo per parlare di numeri e di prospettive professionali che non necessariamente vanno a braccetto col “sacro fuoco” che invece cova nel cuore di molti (giovani e non) e che di questi ultimi condiziona scelte e visioni. Punto.
Skuola.net, per esempio, offre qui un test di orientamento. Se invece vi ha colpito l’affermazione iniziale sulle professioni in campo sanitario – non foss’altro perché un medico in famiglia fa sempre comodo – lo stesso sito scrive:
Fisioterapia, Logopedia e Infermieristica sono solo alcuni dei corsi di laurea più celebri da annoverare tra le professioni sanitarie. In tutto, questi indirizzi sono ben 22, ciascuno relativo a uno specifico corso di laurea triennale. Soltanto dopo il conseguimento della laurea e il superamento dell’esame di Stato si potrà ottenere l’abilitazione per esercitare una di quelle professioni.
La richiesta dal mondo del lavoro Facoltà per Facoltà.
Giocando in casa, vi consigliamo anche di dare uno sguardo a questi consigli pubblicati sul blog di www.unicusano.it. Di seguito vi forniamo soprattutto i dati relativi al fabbisogno occupazionale in Italia nel quinquennio 2021-2025. Leggete e fate due conti:
Area giuridica e politico-sociale – la richiesta di laureati è pari a 39.900, mentre l’offerta di laureati è di 28.800 unità con un surplus della domanda pari al +11.100.
Economia – la richiesta di laureati è pari a 36.100, mentre l’offerta di laureati è di 31.500 unità con un surplus della domanda pari al +4.600.
Area medico-sanitaria – la richiesta di laureati è pari a 33.500, mentre l’offerta di laureati è di 22.600 unità con un surplus della domanda pari al +10.900.
Ingegneria – la richiesta di laureati è pari a 31.500, mentre l’offerta di laureati è di 23.800 unità con un surplus della domanda pari al +7.700.
Architettura e urbanistica – la richiesta di laureati è pari a 13.400, mentre l’offerta di laureati è di 6.200 unità con un surplus della domanda pari al +7.200.
Area scientifico-matematica – la richiesta di laureati è pari a 8.400, mentre l’offerta di laureati è di 5.500 unità con un surplus della domanda pari al +2.900.
Lavoro all’estero e occupazione. Ma c’è anche un grosso problema alle superiori.
Se invece siete laureati e guardate con interesse all’estero, il rapporto 2023 di Almalaurea scrive che
la disponibilità a lavorare all’estero è dichiarata dal 45,3% dei laureati, quota pressoché in linea con quella registrata nel 2012 (era il 45,4%): dopo un periodo di aumento durato fino al 2015 (anno in cui la percentuale ha oltrepassato il 50%), negli anni più recenti si è registrata una contrazione, che risulta particolarmente evidente negli ultimi tre anni. Questa riduzione, già in atto prima della pandemia, è stata certamente rafforzata dalla diffusione dello smart-working e più in generale dalla possibilità di svolgere attività di remote working dal proprio paese di origine.
Estero o no, sul fronte occupazionale arriverebbero infatti segnali incoraggianti:
I livelli occupazionali osservati nel 2022 confermano il progressivo miglioramento della capacità di assorbimento del mercato del lavoro, verificato già da alcuni anni. (…) Nel dettaglio, nel 2022 il tasso di occupazione è pari, a un anno dal conseguimento del titolo, al 75,4% tra i laureati di primo livello e al 77,1% tra i laureati di secondo livello del 2021. Tali valori risultano in aumento, nell’ultimo anno, rispettivamente di +0,9 e di ben +2,5 punti percentuali.
Quanto finora scritto – e chiudiamo col dramma – va tranquillamente a farsi benedire se si considera che, nel nostro Paese, un ragazzo su sei e una ragazza su dieci di età compresa tra i 18 e i 24 anni non ha un diploma e che, solo al Sud, un giovanissimo su 66 non va alle superiori.
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