Nei giorni successivi all’omicidio di Giulia Tramontano, dopo averne denunciato la scomparsa – fingendo che si fosse allontanata volontariamente dopo aver scoperto il suo tradimento -, Alessandro Impagnatiello si sarebbe recato nelle tabaccherie vicine alla loro abitazione di Senago insieme alla madre e al compagno di lei per chiedere di poter visionare le immagini delle telecamere di sorveglianza dell’area. Fingeva di essere un fidanzato premuroso. Era tutta una messinscena. I filmati che lo riprendono, resi pubblici nel corso dell’ultima puntata di “Quarto Grado”, risalgono al 30 maggio scorso, giorno in cui il 30enne si sarebbe disfatto del corpo della fidanzata, incinta al settimo mese, abbandonandolo in un terreno.

I filmati inediti che riprendono Alessandro Impagnatiello dopo l’omicidio di Giulia Tramontano

Cappello bianco con visiera portata all’indietro, pantaloncini, scarpe da tennis e occhiali da sole: così Alessandro Impagnatiello è stato immortalato in dei filmati catturati dalla telecamera di sorveglianza installata all’interno del distributore automatico di sigarette di una tabaccheria poco lontana dalla sua abitazione di Senago il 30 maggio scorso, qualche giorno dopo aver denunciato la scomparsa della compagna, Giulia Tramontano. Vi si era recato, insieme alla madre e al compagno di lei, per chiedere se qualcuno avesse visto Giulia o se qualche videocamera l’avesse ripresa, all’interno o all’esterno dell’esercizio commerciale.

Una recita montata ad arte, per mostrare di essere preoccupato per le sorti della 29enne, incinta al settimo mese, quando, in realtà, sapeva già di averla uccisa. Il delitto risalirebbe alla serata del 28 maggio. Stando a quanto ricostruito finora nel corso delle indagini, Impagnatiello avrebbe accoltellato la fidanzata almeno 37 volte, alle spalle, senza permetterle di difendersi. Avrebbe poi provato a bruciarne il corpo, due volte. Infine, dopo averlo avvolto con della pellicola trasparente, lo avrebbe trascinato giù per le scale, nascondendolo prima in cantina e poi nel suo box auto. Fin quando, nella notte del 30 maggio, non l’avrebbe abbandonato nel terreno in cui è stato ritrovato.

Il giorno successivo avrebbe provato a ripulire la scena del crimine: dopo essere tornato a casa con delle buste per la spesa – contenenti, probabilmente, candeggina e ammoniaca -, sarebbe stato immortalato dalle telecamere di alcuni cronisti mentre, con una pezzetta e uno straccio, trafficava sulle scale del condominio. Dopo aver confessato l’omicidio, il 30enne è stato trasferito nel carcere di San Vittore. Una volta concluse le indagini, potrebbe andare a processo immediato: sulla sua colpevolezza, infatti, non ci sono dubbi.

Premeditazione ed ergastolo

È accusato di omicidio volontario aggravato dal vincolo parentale, occultamento di cadavere e interruzione non consensuale di gravidanza in relazione alla morte del bimbo che Giulia portava in grembo, Thiago. Se gli inquirenti decideranno di contestargli le aggravanti della crudeltà e della premeditazione (per ora escluse dal gip che ne ha convalidato l’arresto), potrebbe essere condannato all’ergastolo.

Si attendono, a tal proposito, gli esiti degli esami tossicologici effettuati sulla salma della vittima. Da essi si capirà se le abbia somministrato parte del veleno per topi rinvenuto in delle bustine all’interno del suo zaino e che lui aveva detto di aver usato sul luogo di lavoro. Ma al vaglio di chi indaga ci sono anche i dispositivi elettronici sequestrati all’interno della sua abitazione, tra cui il suo smartphone. L’obiettivo è ricostruire i momenti precedenti al delitto.

Su quelli successivi sono pochi, ormai, gli interrogativi rimasti aperti. Resta da chiarire se Impagnatiello possa aver avuto un complice. Per ora, però, le indagini e le prove acquisite sembrerebbero escluderlo. Lui, dal canto suo, aveva detto “di aver agito da solo” e “senza motivo”.

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