Pensioni, arrivano novità sulla questione dell’incumulabilità di quota 100, quota 102 e quota 103 e il continuare a lavorare e produrre redditi: il Tribunale di Lucca si è espresso sulla troppa onerosità inflitta a un pensionato che aveva continuato a lavorare perdendo l’assegno mensile per un anno e dovendo restituire quanto percepito fino a quel momento. La cumulabilità dei redditi, da lavoro e da pensione, è una questione che si è aperta con le nuove quote previdenziali a partire dal 2019.

A fronte della possibilità di andare in pensione a poco più di 60 anni di età, il futuro pensionato non può continuare a svolgere attività lavorative se non entro rigidissime ipotesi. La pena consiste nella restituzione della pensione percepita e nell’impossibilità di ricevere gli altri ratei di pensione spettanti per tutto l’anno. L’incumulabilità vige fino alla maturazione dei requisiti (anagrafici) per la pensione di vecchiaia.

Pensioni, incumulabilità quota 100, 102, 103 e lavoro: il divieto di cumulo dei redditi

In caso di non cumulabilità di redditi da pensione (con una delle quote) e redditi da lavoro, la Giurisprudenza non è dell’avviso della perdita di tutte le rate del trattamento previdenziale dell’anno, così come dispone l’Inps fin dall’istituzione delle nuove anzianità contributive dal 2019. La regola, infatti, fu introdotta quattro anni fa a proposito dell’impossibilità di continuare a lavorare per i pensionati da quota 100 (prima di quelli di quota 102 e quota 103) fino alla maturazione dell’età della pensione di vecchiaia, ovvero fino ai 67 anni. Il Tribunale di Lucca si è espresso in maniera diversa rispetto a questa regola, giudicando troppo gravosa la perdita dei ratei di pensione per tutto l’anno e la restituzione delle quote percepite fino al momento della sospensione del trattamento previdenziale.

Il caso sul quale si è espresso il Tribunale di Lucca riguarda un pensionato da quota 100 che ha percepito un reddito di 148 euro per un’attività di lavoro alle dipendenze attraverso un’agenzia di somministrazione, per la durata di due giorni, nel luglio del 2019. A fronte di questa attività lavorativa, l’Istituto previdenziale aveva sospeso le rate del trattamento di pensione, richiedendo la restituzione dei ratei percepiti fino a quel momento dal neo-pensionato.

Il caso del pensionato che ha perso la pensione per due giorni di lavoro

Il giudice del Tribunale di Lucca ha valutato la questione di incumulabilità dei redditi da lavoro con quelli da pensione, nello specifico di quota 100, giudicando troppo onerosa, non proporzionale e non equa l’interruzione del trattamento di pensione a fronte di un reddito di appena 148 euro. Troppo sproporzionata, infatti, appare la revoca della pensione a fronte di un importo percepito da un lavoro sì alle dipendenze, ma ben 56 volte inferiore all’assegno di pensione. Pertanto, a fronte di quanto accaduto al pensionato, nella sua sentenza il Tribunale di Lucca richiede che l’Inps riveda l’onere a carico del pensionato, stabilendo una riduzione dell’importo pro quota ma non la sospensione dell’assegno per la durata di un anno.

Pensioni quota 103, si può continuare a lavorare?

Secondo quanto prevede il comma 3, dell’articolo 14, del decreto legge numero 4 del 2019, chi percepisce una pensione con quota 100 (o con le successive quota 102 e quota 103), fino alla maturazione della pensione di vecchiaia dei 67 anni di età, è soggetto al divieto di cumulo di redditi da pensione e da lavoro. L’unica eccezione di lavoro riguarda la possibilità di svolger un’attività meramente occasionale, non alle dipendenze, per un tetto massimo all’anno di 5.000 euro lordi.

Se un pensionato dovesse infrangere l’incumulabilità dei redditi, è prevista la sospensione del pagamento della pensione con il recupero, da parte dell’Inps, dei ratei di pensione già versati perché indebiti.