Dopo la disposizione dell’imputazione coatta per Andrea Delmastro, sottosegretario alla giustizia indagato per rivelazione di segreto d’ufficio nel caso Cospito, il Ministero della Giustizia si attiva e parla di una riforma dell’avviso della garanzia e della stessa imputazione coatta.
Nella giornata di ieri, il dibattito politico si era infiammato intorno alle accuse mosse a Delmastro, con il Governo pronto a puntare il dito contro i giudici che «fanno campagna elettorale» e le opposizioni che hanno parlato di un «attacco imperdonabile alla Magistratura».
Le dichiarazioni che arrivano oggi da via Arenula si inseriscono nel solco della medesima polemica, esprimendo «ancora una volta, lo sconcerto e il disagio per l’ennesima comunicazione a mezzo stampa di un atto che dovrebbe rimanere riservato. La riforma proposta mira a eliminare questa anomalia tutelando l’onore di ogni cittadino presunto innocente sino a condanna definitiva».
Dunque, il provvedimento del Ministero mira a rendere l’avviso di garanzia una procedura il più possibile riservata, al di fuori delle grinfie della stampa.
Il Ministero della Giustizia se la prende anche con l’imputazione coatta: “Da riformare”
Un altro dei procedimenti penali contro cui si scaglia il Ministero della Giustizia è l’imputazione coatta. Con questo termine si intende indicare quel principio giuridico per cui la Procura, la quale aveva chiesto precedentemente l’archiviazione di un caso, può chiedere invece per l’indagato o gli indagati un rinvio a giudizio.
Nella nota del Ministero della Giustizia si accusa l’imputazione coatta di portare a galla «l’irrazionalità del nostro sistema giuridico». Così recita il testo di via Arenula:
Nel processo accusatorio il pubblico ministero, che non è, né deve essere soggetto al potere esecutivo ed è assolutamente indipendente, è il monopolista dell’azione penale e quindi razionalmente non può essere smentito da un giudice sulla base di elementi cui l’accusatore stesso non crede.
Questo cortocircuito porterebbe ad un alto numero di imputazioni concluse con l’assoluzione, ma solo dopo processi lunghi, inutili e dolorosi per gli accusati. Dunque (e qui il riferimento al caso di Delmastro è d’obbligo) risulta chiaro come l’imputazione coatta
Nei confronti dell’On. Delmastro Delle Vedove, come nei confronti di qualsiasi altro indagato, dimostri l’irrazionalità del nostro sistema. Nel processo che ne segue, infatti, l’accusa non farà altro che insistere nella richiesta di proscioglimento in coerenza con la richiesta di archiviazione. Laddove, al contrario, chiederà una condanna non farà altro che contraddire se stesso.
Urge dunque una riforma, attua a rendere pienamente funzionale in sistema accusatorio.