Sembra la trama di un film, ma invece, la storia che ha fatto emergere Andrea Di Giuseppe, onorevole di Fratelli d’Italia eletto nella ripartizione America settentrionale e centrale, è incredibilmente vera. Un vero e proprio racket sgominato dal deputato, che ha potuto mettere in pratica in maniera estremamente concreta uno dei dettami fondativi del proprio partito: difendiamo i confini.

La questione riguarda infatti un giro illecito di visti in ingresso nel nostro paese, in particolare riguardo agli arrivi dal Bangladesh, dal Pakistan e dalle Filippine. Con la possibilità di allargarsi anche in Turchia, visto che questo business illegale sembrava essere in piena espansione. E proprio per via di questo sviluppo dell’attività criminale, a Di Giuseppe, data la sua recente elezione, è stato proposto di unirsi. Proposta che l’onorevole non si è limitato a rispedire al mittente, ma che ha preferito approfondire, in accordo con la Guardia di Finanza di Roma, per poter sgominare la banda.

Sgominato racket di ingressi clandestini, Di Giuseppe (FdI): “Mi sono sentito violentato. I nostri funzionari coinvolti dieci volte più colpevoli” | VIDEO ESCLUSIVA

Abbiamo chiesto dunque ad Andrea Di Giuseppe di raccontarci, in esclusiva ai nostri microfoni, quali siano state le sue sensazioni nell’affrontare una situazione tanto complessa quanto spiacevole: “Il primo quarto d’ora non capivo cosa stesse succedendo. A quel punto mi sono sentito violentato“. Parole dure sin da subito, che descrivono meglio di qualsiasi altra cosa il motivo che ha spinto Di Giuseppe ad agire: “È una questione di civiltà. Al di là della mia funzione di parlamentare, ogni cittadino si trovi in situazioni più o meno simili dovrebbe agire in questo modo. Bisogna avere il senso dello Stato, a prescindere dalla bandiera politica. Torniamo a insegnare a scuola l’educazione civica“.

Questione spinosa, che inevitabilmente ha finito per diventare anche pericolosa. Di Giuseppe ha infatti raccontato di essere stato vittima di minacce e intimidazioni: “Di certo non fa piacere, ma con il senno del poi affermo che lo rifarei anche sapendo a cosa sono andato in contro. Non è ammissibile, bisogna dire basta”.

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Nel prepararci all’intervista, abbiamo letto i numeri del racket sgominato. Effettivamente sono cifre impressionanti, che nascondono – neanche in maniera troppo efficace, in realtà – un problema evidente. Per assurdo, i numeri dei visti in ingresso dai paesi indicati sono addirittura aumentati durante il periodo pandemico, in controtendenza con il resto del mondo. Statistiche drogate, dunque, che Di Giuseppe commenta in questo modo: “Si guarda il dito e non alla luna. Centinaia di poveracci vengono utilizzati da scafisti, di cui una parte sono funzionari del nostro stato. Questi sono dieci volte più colpevoli.”

Una situazione che sta sfuggendo di mano, secondo l’onorevole: “Basta guardarsi intorno, qui a Roma o in altre città: due domande uno se le fa… e ci si dà anche delle risposte“. E qui ritorna inevitabilmente anche l’aspetto politico della vicenda, quello legato alla difficile questione migratoria, cavallo di battaglia del centrodestra e, ancor più nello specifico, proprio di Fratelli d’Italia, e che il deputato eletto in Nord America richiama a conclusione dell’intervista: “Faccio parte di un partito che ha sempre guardato alla legittimità. La nostra premier sta facendo qualcosa che mancava da decenni. Non voglio farne una bandiera politica, ma questi sono dati oggettivi”.

L’ultima domanda fa poi riferimento a un’altra inchiesta avanzata, qualche mese fa, dallo stesso Di Giuseppe, riguardo ai voti arrivati dall’estero che, in occasione delle scorse elezioni politiche, sono stati registrati a nome di persone defunte: “Accorgersi che c’erano ultracentenari o morti che votavano – e probabilmente percepivano anche pensioni – è un altro scandalo importante“.

L’onorevole quindi si sbottona, evidenziando una più che legittima questione di principio: “Quando mi trovo davanti a situazioni contro qualsiasi tipo di legge umana, etica o legale, io le denuncio”. E poi la chiusura più giusta:
È quello che insegno ai miei figli. Non mi sto comportando in maniera diversa da come mi comporto da padre“.