Un sogno a Istanbul debutta al Teatro Festival in Campania nella suggestiva cornice del Teatro Nuovo di Napoli pronto a stupire. Uno spettacolo molto atteso anche per via delle tematiche estremamente attuali, con l’Europa devastata dalla guerra nella trama che tanto somiglia a quella dei nostri giorni. Una messa in scena complessa per un testo ricchissimo tratto dal romanzo “La Cotogna di Istanbul” di Paolo Rumiz. TAG24 ha avuto modo d’intervistare Maximilian Nisi, apprezzato artista del palcoscenico che ha racconto di quest’opera analizzato il periodo del teatro in Italia.

Un sogno a Istanbul al Teatro Nuovo di Napoli, l’intervista al protagonista Maximilian Nisi

Maximilian Nisi curiosamente ha lo stesso nome del protagonista di Un Sogno a Istanbul, quasi come se fosse scritto nel destino che doveva essere proprio lui ad interpretarlo: “Mi hanno spinto ad accettare diverse cose, in particolare ilmomento storico che stiamo vivendo con la necessità dei temi trattati dal testo. Poi è stato importante il gruppo di lavoro e il poter partecipare al Campania Teatro Festival”, poi si sofferma sul testo portato in scena “Il libro scritto da Paolo Rumiz, adattato per il teatro da Alberto Bassetti, racconta una bellissima storia d’amore in un’Europa devastata dalla guerra dei Balcani. Una guerra in cui l’Europa ha barattato e perso la sua anima. La separazione delle etnie ha portato frammentazione e non integrazione, la rinuncia della coesistenza delle razze è stata la fine dell’ascolto, del rispetto e di una possibile armonia. In quel preciso momento abbiamo permesso che il peggio avvenisse, basta pensare all’indifferenza, non economica ma umana, che stiamo mostrando ancora oggi nei confronti dell’attuale vicenda ucraina. Non esiste una purezza della razza, anche solo parlarne è una contraddizione”.

L’artista sottolinea l’importanza di comprendere pienamente il testo in cui tutti possono rispecchiarsi: “Abbiamo dimenticato che veniamo tutti da Oriente e che la nostra cultura, le nostre tradizioni hanno origine proprio in quei luoghi. Il libro di Rumiz è un viaggio affascinante nello spazio e nel tempo e insegna che ad Est è ancora possibile trovare la felicità, quello stato di estasi profonda che nasce dal giusto rapporto tra le persone e le cose”, poi una lode ai compagni di viaggio “Devo ringraziare Alessio Pizzech, il nostro capitano, vince per passione, energia, dedizione e per il suo atavico amore per il Teatro, poi Maddalena Crippa è adorabile non solo per la sua bravura, ma anche per la sua ironia e per il suo desiderio umile e raro di lavorare in un gruppo e per il gruppo. Mario Incudine è un autentico virtuoso della musica come Adriano Giraldi lo è della parola e poi c’è Tommaso Garrè, il nostro instancabile aiuto regista, Andrea Stanisci (scene e costumi), Eva Bruno (luci), Bruno Guastini, La Contrada di Trieste e Arca Azzurra. Non ultima la curiosità di conoscere il Campania Teatro Festival, un appuntamento teatrale in Italia importante ed innovativo al quale, finora, non ho mai avuto la gioia di partecipare”.

L’amore impossibile tra Max e Masa sullo sfondo della guerra

Max e Masa rappresentano l’amore impossibile, una sfida ancor più affascinante da portare a teatro: “Il loro è un amore non semplice. Un’attrazione potente che inizialmente non ha il tempo di concretizzarsi. La partenza, il sentimento della mancanza per poi ritrovarsi, dopo tre anni, per condividere, innanzitutto, la malattia di lei. La speranza nelle cure e un amore finalmente realizzato. E poi la morte, la perdita dolorosa e la necessità di raccontare, per esorcizzarla, la propria vicenda umana. Il ‘cammino’ visto come espressione dello stato d’animo, atto a liberare le emozioni. Ed ecco che un austriaco, un ingegnere occidentale apparentemente risoluto e centrato, si trasforma in un migrante, esattamente come gli abitanti dei Balcani durante la loro guerra; sradicato da sé stesso e in cerca una nuova casa”. Maximilian sottolinea le affinità che lo legano al suo omonimo personaggio: “Sicuramente come Altenberg ho uno spirito romantico, nostalgico. Come lui sono attratto dalla bellezza anche quando questa può sembrare selvaggia e un po’ austera. Anche io, esattamente come lui, sono alla ricerca perenne di armonia. Ma i personaggi devono attrarci verso di loro e le diversità, che sempre esistono, oltre ad essere stimolanti possono aiutarci, come interpreti, ad essere più interessanti, più creativi e, a volte, più bravi“.

Una prima volta per lui con un romanzo di Rumiz, dove Istanbul è la grande protagonista indiscussa: “Spero che non sia l’ultima. volta con questo autore Sto leggendo alcune cose scritte da lui molto interessanti che meriterebbero una messa in scena. Mi piace la sua prosa ritmica, la scrittura in versi, la parola che diventa musica trasformando un testo in poetica ballata. Di Istanbul, invece, posso dirti che quando ci andai la trovai misteriosa ed ammaliante. È un luogo che ti suggerisce, quasi ti impone, un rapporto saggio con il Tempo. Tempo per pensare, per stupirsi e per sognare. Ricordo ancora oggi il profumo forte e speziato del suo caffè, il sapore del pane al sesamo appena sfornato servito con le mandorle fresche. È una città pregna di fascino,  con i suoi suoni arcaici, mai stanchi, e le sue fantastiche danze. Antiche rovine, marciapiedi vissuti, platani immensi. E poi il porto, con la sua storia e il Bosforo che avvolge tutto con il suo silenzio. Ho nostalgia di Istanbul, è una città che può stregare”. La cosa importante per innamorarsi di una storia è il testo, in quello di Rumiz c’è tanto ed è straordinariamente attuale: ” È stato scritto di tutto a riguardo eppure ancora troppo poco è cambiato. A volte penso che l’uomo, per sua stessa Natura, non possa che essere intollerante, egoista. Si nutre di conflitti, di scontri ed è continuamente fomentato da un desiderio di prevaricazione e di autoaffermazione. Forse dovrebbe fare un passo indietro ed imparare ad essere meno competitivo, meno ego riferito. Scrivere, leggere, rappresentare, predicare è inutile se poi nella sua esistenza agisce in modo ignorante ed insensibile”.

L’uomo per l’attore ha intrinseco dentro di lui dei problemi che continua ancora oggi a portare avanti: “Poi però penso anche che gli uomini esistono sulla terra da circa 200.000 anni, 20.000 se ci riferiamo solo all’homo sapiens. E mi chiedo: in 20.000 anni c’è mai stato un giorno senza una guerra o qualcosa di simile ad essa? Sono certo di no, non c’è mai stato, la legge che ha sempre regolato i rapporti tra gli uomini è sempre stata quella del più forte. Gli uomini sono fatti così, sono una specie animale che tende a prevaricare. Dire loro di diventare meno egoisti è come cercare di insegnare alle tigri di non essere così feroci. E allora si dice che l’uomo, a differenza degli animali, ha la ragione. Ma dove sta scritto che la ragione deve portare al bene? Lo diceva Socrate e l’hanno ammazzato, lo diceva Cristo e l’hanno ammazzato. L’uomo non ha artigli, denti micidiali, veleno per difendersi e offendere, la sua arma è la ragione e come arma la usa. Certo, poi ci sono le ‘eccezioni’, ci sono stati San Francesco, Madre Teresa di Calcutta e tanti altri. Alla fine, però, continuo a credere che ci sia il bene, e quindi gli esseri umani buoni, e il male, e quindi i malvagi, i prepotenti e che purtroppo finora la violenza abbia avuto la meglio perché per chi usa la forza della forza contro la forza della ragione e’ più facile affermarsi. La ragione è asservita alla forza”.

Il lockdown e la ripartenza del teatro

Il teatro fortunatamente si è ripreso alla grande”, sottolinea Maximilian Nisi che come tanti colleghi ha vissuto anni difficili a causa del lockdown ma è già tornato in scena più volte, noi abbiamo avuto modo di apprezzarlo a Roma in “A Spasso con Daisy” al fianco di Milena Vukotic:Da subito il pubblico ha mostrato interesse e grande voglia di tornare nelle sale teatrali per assistere agli spettacoli. Non poteva che essere così: il Teatro ha resistito a guerre, pesti, calamità naturali e non morirà mai perché è veramente l’unica opportunità che l’uomo ha di vivere in tempo reale un’esperienza catartica, di cultura e di pensiero condiviso. Un momento di libertà dove è ancora possibile prendersi cura della propria anima, celebrando il bello. Non posso dire altrettanto del cinema che purtroppo non accenna a ripartire e che oggi è in profondissima crisi. La gente durante il lockdown si è abituata al digitale terrestre, ai canali satellitari e a film che spesso sono anche più interessanti di quelli distribuiti dal nostro circuito cinematografico. Credo che questa potrebbe essere l’occasione per ripensare ad alcune dinamiche e reinventare uno spazio che deve assolutamente tornare ad essere attivo e significativo come quello di un tempo.

Quando vedere Un sogno a Istanbul a teatro?

Lo spettacolo Un sogno a Istanbul sarà al Teatro Nuovo di Napoli l’8 e il 9 luglio.