Nella giornata di ieri Patrick Zaki si è laureato con il massimo dei voti all’Università Alma Mater Studiorum di Bologna, all’interno del programma internazionale GEMMA in letterature moderne, comparate e post coloniali. Lo ha fatto conseguendo il voto di 110/110 e lode. E lo ha fatto, soprattutto, a distanza. Patrick è infatti ancora bloccato in Egitto, il suo paese natale che il 7 febbraio 2020, un mese prima dell’inizio dela pandemia da Covid-19, lo ha posto in stato di fermo all’aeroporto del Cairo mentre tornava proprio da Bologna al termine della sessione invernale.
Oltre tre anni dopo la vicenda giudiziaria – e umana – di Zaki non è ancora conclusa. Dopo quasi due anni di detenzione preventiva, l’ormai ex studente dell’Alma Mater ha però ottenuto almeno la possibilità di poter aspettare in libertà vigilata l’esito del processo. Un esito che tarda ancora ad arrivare, al quale è stato poi aggiunto anche il rifiuto di poter presenziare in Italia per la discussione della propria laurea.
Patrick è stato quindi privato della possibilità di poter vivere di persona uno dei giorni più importanti della vita di un ragazzo e di uno studente. Un duro colpo, che non lo ha però privato del caratteristico spirito che, per sua sfortuna, abbiamo imparato a conoscere durante questi lunghi anni di prigionia, rimandando i festeggiamenti a quando sarà finalmente, di nuovo, nella sua Bologna.
Patrick Zaki si laurea, Boldrini: “Caso Zaki e Caso Regeni? Per realpolitik non abbiamo voluto irritare al-Sisi” | VIDEO ESCLUSIVA
In esclusiva ai nostri microfoni abbiamo chiesto all’ex presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini, in quota Partito Democratico, un commento sulla vicenda. Boldrini ha voluto innanzitutto fare le sue congratulazioni allo studente per l’obiettivo raggiunto: “Molto felice per Patrick. Grande soddisfazione per lui e per noi che lo abbiamo seguito in questi anni”
L’intervista assume però subito una piega politica: “Non mi meraviglia che l’Egitto continui a procrastinare sulla decisione. È un modo per punirlo”. Questo atteggiamento, secondo Boldrini, è tipico di “un sistema non democratico“. Un sistema con cui, come ricorda la stessa onorevole, abbiamo ancora dei “conti in sospeso“.
Il riferimento qui è chiaramente alla questione di Giulio Regeni, che l’ex presidente della Camera esplicita subito dopo: “C’è stato un atteggiamento di totale rifiuto di voler arrivare alla verità da parte del regime egiziano”. Per questo motivo, afferma la deputata PD, “non bisogna normalizzare i rapporti con l’Egitto. Non si può prescindere dalla verità quando un proprio concittadino è stato torturato e ucciso come Giulio Regeni”.
Alla Boldrini viene però fatto notare che, nel caso di Zaki, il parlamento si espresse già durante la precedente legislatura per il conferimento della cittadinanza italiana, nello specifico durante l’esecutivo Draghi. Allora il PD, di cui Boldrini è membro, era parte della maggioranza delle larghe intese, ma comunque non si arrivò a un impegno diretto del governo italiano.
L’ex presidente della Camera però non scappa dalle proprie responsabilità e ammette: “Noi che avevamo avanzato la richiesta di cittadinanza ci aspettavamo un seguito da parte del governo, ma non c’è stato“. E fornisce allora, senza girarci intorno, la sua versione dei fatti. Il motivo? “Non si vuole irritare al-Sisi“. E probabilmente, si aggiunge in fase di domanda, non si vogliono rovinare i rapporti commerciali che l’Italia mantiene con il presidente egiziano: “Appunto, è la solita realpolitik secondo la quale ha sempre la precedenza quello che è utile e non quello che è giusto“.
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Che si tratti di realpolitik sembra piuttosto evidente. A farne le spese, però, in questo caso sono stati due ragazzi: Patrick Zaki e Giulio Regeni. Due giovani uniti da un destino tragico, per fortuna non condiviso fino in fondo dal ragazzo egiziano, ma comunque segnato in maniera irreparabile. E su questo punto, purtroppo, il nostro paese non è esente dalle proprie, gravi, responsabilità e omissioni.