Morata-Milan è la conferma di un’emozione consumata nel presente che non guarda al futuro. Quello che sta facendo la Serie A, incapace di mettere basi solide su cui creare un nuovo corso, ma puntando (e sperando) in un miracolo cuscinetto. Bypassare il problema invece che affrontarlo, e arrivederci e grazie per coloro che la speranza ancora non l’hanno perduta, anche se oggettività alla mano la situazione non lascia scampo ad altre interpretazioni, con buona pace per Morata stesso, non un problema, bensì uno dei punti di riferimento di un sistema incerottato.

Morata-Milan, una storia già vissuta

Morata-Milan è un binomio che necessita di una premessa: il giocatore è bravo, su questo non c’è dubbio. L’ho ha ribadito Allegri, che ha sempre espresso il desiderio di averlo sempre e per sempre con se alla Juve, passando poi per mister Simeone che ogni volta che sente pronunciare il nome del giocatore lo accompagna con un “straordinario” che non lascia spazio ad altre interpretazioni. Qual’è il problema? Semplice, lo straordinario Morata non gioca con continuità.

Poco spazio uguale voglia di cambiare aria, ma di numerose sirene neanche l’ombra. Una sola suona, quella del Milan che vorrebbe Alvaro per rimpolpare un attacco dove solo Giroud da garanzie. Dodici milioni all’Atletico, cinque a stagione per il giocatore, la risposta un solenne no grazie della serie “o alzate l’offerta, o lo straordinario Morata rimane qui”. Partita appena cominciata, con i rossoneri che hanno deciso di puntare lo spagnolo, oggetto del desiderio italiano, che oltre a questo non riesce a vedere oltre.

Perchè la realtà dei fatti è chiara, oltre Morata la Serie A non può permettersi altro. La prova? Troppo semplice: In Spagna Alvaro fa panchina, in Italia sarebbe titolare indiscusso. Basta questo, e già fa male così, perchè fa capire che non è tanto un problema a livello di club quanto di sistema, con i piani alti che perdurano nell’immobilismo grazie alla parentesi dell’Europeo vinto e con le finali di Inter, Fiorentina e Roma, terminate con un nulla di fatto.

Morata-Milan, i precedenti illustri

Ben venga che un possibile arrivo di Morata possa essere un crack, ma la storia già si conosce. Stagione da protagonista, sirene estere, cessione, sipario. Di precedenti di questi tipo se ne hanno eccome. In principio fu Immobile: stagione fenomenale al Torino, capocannoniere, l’arrivo del Borussia Dortmund e la possibilità di un salto in avanti a livello europeo. Bocciato su tutta la linea, dunque trasferimento al Siviglia, più in linea alle sue caratteristiche: un pianto anche lì.

Meglio tornare di nuovo al Torino, qui i risultati tornano ad essere ottimi, dunque salto in avanti però in Italia sponda Lazio, vietato puntare l’estero. Mossa azzeccata del 17 biancoceleste, confermatosi cecchino implacabile nel Bel Paese, la sua dimensione.

Stessa sorte per Lukaku. Sprazzi di grandezza all’Everton, salto in avanti destinazione Manchester United. Risultato: due anni conditi da 66 presenze e 28 gol. Poco per l’astro nascente della Premier. Diverso il discorso in Italia: le altitudini dell’Inter sono fatte apposta per il gigante belga, il mondo interista è il salto in avanti a lui consono, cime non tempestose ma soleggiate dove i 47 gol in 72 partite sono un biglietto da visita pieno di luce che attira nuovamente la Premier.

Il Chelsea ci mette un attimo a convincerlo, Romelu accetta convinto di potersi finalmente confermare a Londra. Ragionamento sbagliato, dato che terminerà la sua avventura abbracciando spesso la panchina. Uno scarto che l’Inter vede come un vero EL Dorado, dunque l’all in convinto pur di riaverlo.

Infine Moise Kean, l’esempio più lampante. Conferme sfolgoranti nel 2019 con la Juventus, che valgono la chiamata dell’Everton a cui l’azzurro non dice no, convinto dei propri mezzi. Niente da fare anche qui, la Premier è troppo grande per Moise, meglio tentare la Ligue 1 con il PSG. Qui le cose vanno meglio, ma non basta. Dunque il ritorno in Italia sempre alla Juve in pianta stabile, dove tra alti e bassi riesce comunque a strappare la conferma nella rosa di Max Allegri.

Tre indizi fanno una prova, che si può riassumere nella maniera più semplice possibile. Le seconde linee degli altri campionati sono il pane quotidiano della Serie A, che si crogiola in una pseudo felicità effimera, e non si fa nulla per cambiare rotta. E parafrasando un noto saggio del mondo del calcio “campionato forte, destino forte. Campionato debole, destino debole”. Non c’è altra strada.