Interrogatorio per il responsabile del caso Nahel: l’agente accusato della morte del ragazzo di 17 anni a Nanterre, in Francia, ha dato la sua testimonianza sullo svolgimento dei fatti. Lo riporta il quotidiano Le Parisien, che cita i verbali della versione del poliziotto.

L’uomo ha negato di aver pronunciato la frase ‘ti prenderai una pallottola in faccia’ all’indirizzo della giovanissima vittima, fermata ad un posto di blocco. Al contrario, l’indiziato ha fatto presente di essersi trovato in una situazione di forte stress.

Quel 27 giugno, l’agente era al “nono giorno di lavoro consecutivo“. Ha anche rivelato di essersi sentito accerchiato: oltre che per difendersi, avrebbe aperto il fuoco per timore che il suo collega potesse farsi del male.

Caso Nahel, la testimonianza dell’agente che ha premuto il grilletto: avrebbe gridato al ragazzo di spegnere il motore

Interrogato presso l’Ispettorato Generale della Polizia Nazionale (Igpn), il 38enne poliziotto ha assicurato di aver gridato a Nahel di spegnere il motore dell’auto. Avrebbe anche picchiato più volte sul parabrezza, per “richiamare l’attenzione” del ragazzo che, ricordiamo, non aveva la patente in quanto minorenne.

Una versione in un certo senso confermata dalle forze dell’ordine che, analizzando le prove video circolate sui social, ha detto di aver sentito l’uomo gridare di spegnere la vettura. Secondo il rapporto consultato da Le Parisien, agli inquirenti risulta però una terza voce, considerata “attribuibile” ad un collega poliziotto che avrebbe gridato la frase incriminata.

Nel frattempo, l’indagato resta in custodia cautelare, su indicazione della corte d’appello di Versailles. Sulla vicenda si era espressa anche la Procura di Parigi, secondo la quale non c’era alcuna giustificazione all’uso dell’arma da fuoco da parte dell’agente. Quest’ultimo si è subito detto costernato per l’accaduto e, tramite il suo avvocato, dal carcere aveva chiesto scusa alla famiglia della vittima.

La convinzione di molti, a cominciare dalla madre di Nahel, resta però quella che il giovane possa essere stato colpito per motivi razziali.