Accertamenti da parte del tribunale di Trieste sulla richiesta di suicidio assistito presentata da una 55enne del posto, affetta da sclerosi multipla. La richiesta, fanno sapere i giudici, è volta a verificare se la paziente sia “affetta da patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psichiche ritenute dalla stessa intollerabili”. Senza contare la necessità di comprendere se la donna “sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.

La signora, denominata con il nome di fantasia Anna, ha presentato ricorso nei confronti della Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (Asugi). Secondo la stessa Azienda sanitaria, la signora “ha chiesto al Tribunale di ordinare ad Asugi di stabilire le modalità di esecuzione del fine vita”.

Secondo il Tribunale, sottolinea Asugi, “non sussistono i requisiti di attualità” per ordinare all’Azienda sanitaria di “determinare il trattamento farmacologico che consenta alla paziente di porre fine alla propria vita”.

Il prossimo passo è quello di attendere l’esito del Comitato Etico competente, individuato dal Tribunale nel CEUR. A quest’ultimo il compito di pronunciarsi in merito alla “sussistenza dei presupposti per il trattamento di fine vita e sulle modalità esecutive individuate”.

Suicidio assistito Trieste, l’associazione Luca Coscioni: “Necessità di tempi certi e perentori”

Il caso è seguito dall’Associazione Luca Coscioni, che si occupa di tutelare i diritti delle persone malate e con gravi disabilità. L’associazione, in un comunicato, ha sottolineato come la decisione del tribunale evidenzi come “fino a ora l’Asugi non abbia adempiuto ai propri obblighi di tutela del diritto alla salute della paziente”.

L’avvocata Filomena Gallo, Segretaria Nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, sottolinea come sull’Azienda sanitaria pesi la condanna al pagamento di 500 euro per ogni giorno di ritardo nell’adempimento dei propri obblighi.

Se l’Asugi entro il termine di 30 giorni stabilito dal Tribunale non avrà concluso le verifiche di sua competenza, e non avrà di conseguenza ancora accertato che ‘Anna’ possegga o meno tutti i requisiti per accedere alla morte volontaria, come individuati nella sentenza Cappato, e (all’esito delle verifiche) non avrà individuato il farmaco letale e le modalità di attuazione, dovrà pagare una sanzione. È infatti inammissibile ritardare l’esercizio di un diritto fondamentale costituzionalmente garantito, e così comprimere la libertà, la dignità e l’autodeterminazione di ‘Anna’, la cui sofferenza è costante e le cui condizioni di salute sono peggiorate dal giorno della richiesta iniziale all’Azienda Sanitaria.

Dal canto suo Marco Cappato, tesoriere dell’associazione, esulta per l’importanza della decisione del Tribunale, soprattutto perché “pone in evidenza la necessità che siano dettati tempi certi e perentori entro cui le Aziende Sanitarie Locali devono svolgere tutte le verifiche di loro competenza”.