La Cina continua a stringere il proprio cappio attorno agli attivisti pro democrazia ad Hong Kong: arrestate quattro persone che nel 2019 avevano partecipato alle proteste contro la legge sulla sicurezza nazionale. Si riducono ancora di più gli spazi di protesta per gli abitanti di Hong Kong.

L’arresto degli attivisti pro democrazia

I quattro attivisti arrestati facevano parte del partito Demosistō, oggi inattivo che si era sciolto nel giugno 2020. I suoi due principali esponenti, Joshua Wong e Nathan Law oggi non hanno più un collegamento diretto con il partito: il primo è stato arrestato, mentre il secondo è fuggito all’estero. L’accusa a carico dei quattro attivisti arrestati è quella di sedizione e di cospirazione con potenze straniere, spesso usata come pretesto per colpire i dissidenti politici.

Secondo il South China Morning Post, Ivan Lam Long-yin, ex leader di Demosistō, e altre due ex figure di spicco del partito pro-democrazia come William Lui Wai-lim e Arnold Chung sono state le persone arrestate. L’accusa di sedizione, secondo la legge sulla sicurezza nazionale, prevede l’ergastolo in carcere ed è particolarmente rigida con chi è percepito come “agente straniero” e spia contro il governo cinese.

La Cina si dimostra quindi ancora interessata per le sorti di Hong Kong e degli altri territori che la circondano, volendo mostrare agli stati confinanti come la sua politica estera sia forte e non conosca cedimenti.

L’arresto dei quattro attivisti segue di pochi giorni l’annuncio delle autorità di sicurezza di Hong Kong, che hanno pubblicato una taglia da un milione di dollari di Hong Kong (circa 117mila euro) su otto attivisti pro democrazia che oggi si trovano all’estero. Nathan Law a tal proposito ha affermato:

Pechino si sbaglia se ritiene che le sue taglie ci spaventino. Il percorso verso la nostra terra non è lastricato da ‘rese’ a un regime oppressivo, ma dal costruire una libera e democratica Hong Kong, non importa a quale prezzo sulle nostre teste.