Accogliendo la richiesta dell’accusa, il gip del tribunale di Bologna, Sandro Pecorella, ha condannato a 30 anni di reclusione Giuseppe Cappello, l’ex fidanzato di Kristina Gallo, la 27enne trovata morta nel suo appartamento il 26 marzo del 2019. Agli arresti domiciliari dallo scorso anno, l’imputato è stato riconosciuto colpevole di omicidio volontario aggravato dallo stalking. Fin dall’inizio si era dichiarato innocente.

Non siamo mai stati rancorosi e siamo rimasti sempre composti, ma oggi vogliamo ringraziare i carabinieri e la Procura per aver pervicacemente continuato a cercare elementi di prova senza arrendersi,

hanno fatto sapere i familiari della vittima, nei confronti dei quali il giudice ha disposto un risarcimento di 100mila euro. A riportarlo è il Corriere della Sera.

Omicidio di Kristina Gallo, condannato l’ex fidanzato Giuseppe Cappello

La sentenza, emessa nella giornata di ieri, 4 luglio, ha messo fine a un caso che, fin dagli esordi, si era caratterizzato per i numerosi punti oscuri. La giovane mamma, 27enne, era stata trovata senza vita nel suo appartamento di via Andrea da Faenza, a Bologna, il 26 marzo del 2019. Dopo una prima archiviazione delle indagini – avvenuta su richiesta della Procura in seguito agli accertamenti autoptici, che avevano stabilito che la donna potesse essere morta per cause naturali -, la famiglia aveva chiesto nuovi rilievi.

In effetti, nel corso della seconda autopsia, effettuata dalla medico-legale Donatella Fedeli, si era parlato di una possibile asfissia meccanica e dell’impossibilità che la 27enne fosse finita autonomamente nella posizione in cui era stata ritrovata, considerata troppo innaturale (era distesa, nuda, con le gambe sotto al letto). Da lì l’ipotesi che qualcuno potesse avrerla spostata. Le nuove indagini hanno permesso di incastrare l’allora fidanzato, il 44enne Giovanni Cappello.

Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, la donna stava affrontando un periodo particolarmente difficile. Per questo, qualche tempo prima, aveva perso l’affidamento della figlia. Per anni Cappello l’avrebbe rinchiusa, in pratica, all’interno della loro relazione, soggiogandola e trascinandola in “un baratro di ozio, droga e isolamento” e costringendola ad allontanarsi dai suoi parenti, con i quali era costretta a comunicare solo attraverso di lui o con l’aiuto di alcuni bigliettini. Fin quando lei non aveva scoperto la sua vita parallela (conviveva con un’altra), minacciandolo di renderla pubblica.

Questa è una pericolosa, non ha paura di nulla,

aveva confessato lui ad un amico dopo che lei si era presentata a casa dei suoi genitori. Per questo, alla fine, l’avrebbe uccisa, asfissiandola, al termine di una colluttazione.

L’uomo si era sempre dichiarato innocente

Nonostante i gravi indizi di colpevolezza a suo carico (nel corso delle indagini erano state trovate delle tracce del suo Dna sotto le unghie della ragazza), Cappello si era sempre dichiarato innocente.

Prendo atto con dispiacere della sentenza, perché ritenevamo di aver messo l’accento su aspetti determinanti che lasciavano un più che ragionevole dubbio sulla colpevolezza dell’imputato,

ha commentato, al termine dell’ultima udienza del processo con rito abbreviato, l’avvocato Gabriele Bordoni, che insieme alla collega Alessandra Di Gianvincenzo ha assistito l’uomo durante tutte le fasi della vicenda. Il giudice, alla fine, lo ha ritenuto colpevole, condannandolo a 30 anni di reclusione. Ha disposto, inoltre, il pagamento di 100mila euro nei confronti dei familiari, costituitisi parte civile con gli avvocati Franco Cardile e Cesarina Mitaritonna, e di 10mila euro a favore dell’associazione “La caramella buona”, assistita dall’avvocata Barbara Iannuccelli.

Con tutta probabilità, dopo la pubblicazione delle motivazioni da parte del giudice, i legali di Cappello procederanno in Appello.

C’è ancora tanta strada da fare,

ha spiegato l’avvocato Bordoni. I familiari della vittima sperano invece che possa essere la fine di tutto.

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