Il caso di Vittorio Sgarbi al Maxxi arriva fino alla Camera. Domani, mercoledì 5 luglio 2023, il gruppo dei deputati del Partito democratico e del Movimento 5 stelle interrogherà il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano. Quest’ultimo dovrà illustrare idee e iniziative che intende promuovere per tutelare i dipendenti del Maxxi e non solo.

Sgarbi al Maxxi: il caso finisce alla Camera

I primi a far sapere del question time di domani sono i membri del partito di Elly Schlein. In una nota resa pubblica dal gruppo dei deputati del Pd infatti si legge che domani verrà interrogato il ministro Sangiuliano. Al politico che fa capo al governo di Giorgia Meloni verranno chieste quali sono

Le iniziative che intende promuovere per tutelate il valore delle istituzioni culturali e dei dipendenti del Maxxi, offesi dal turpiloquio imbarazzante del sottosegretario al Mic Vittorio Sgarbi, anche rivalutando lo stesso incarico ricoperto nel governo.

Il caso era scoppiato lo scorso sabato 1 luglio, quando sui social e sul web si era diffuso in pochissime ore un video che riprendeva Vittorio Sgarbi durante serata al fianco del cantautore Morgan. L’episodio però risale al 21 giugno. Infatti a proposito di questo “ritardo” il politico aveva dichiarato:

Le polemiche scoppiano quando accadono… Leggo la data del 1 luglio, con sorprendente ritardo. È una polemica strumentale, a scoppio ritardato, fasulla.

In ogni caso, secondo diversi dipendenti del Maxxi, le parole dell’esperto d’arte avrebbero sconfinato in volgarità, turpiloquio ed espressioni sessiste. Così avevano mandato una lettera riservata al presidente Giuli per chiedergli di tutelare la dignità del museo delle arti del XXI secolo.

Domani il question time

A raccontare che cosa succederà domani e rilasciare dichiarazioni sono anche gli esponenti del M5S in commissione cultura alla Camera Anna Laura Orrico, Antonio Caso, Gaetano Amato e Susanna Cherchi. Questi fanno sapere che chiederanno conto al ministro Sangiuliano

come intende concretamente valorizzare la parità di genere e combattere i comportamenti e il linguaggio sessista soprattutto da parte di chi rappresenta le istituzioni e il mondo della cultura.

Poi aggiungono che il “siparietto” del politico al museo romano non può essere considerato un semplice episodio goliardico. Nella nota dei pentastellati si legge:

Il vergognoso show di Vittorio Sgarbi al Maxxi non può essere ridotto a un episodio goliardico giustificato dal fatto che da un simile personaggio ce lo si potesse attendere. Peraltro questo episodio deprimente segue quello delle dimissioni della coordinatrice dell’osservatorio sulla parità di genere, e le due cose insieme rendono il quadro ancor più grave.

E ancora la richiesta del Movimento 5 stelle in merito all’avvenimento:

Pretendiamo rispetto per le istituzioni e per i luoghi della cultura. Ribadiamo che a nostro avviso un ministro della cultura che si rispetti dovrebbe pretendere in un caso come questo le dimissioni del proprio sottosegretario.

La reazione di Vittorio Sgarbi

Se da una parte sono in molti ad attaccare Vittorio Sgarbi, dall’altra il sottosegretario alla Cultura risponde di non pentirsi, anche se ammette di essere colpevole. In un suo intervento di oggi, martedì 4 luglio 2023, sul giornale La Stampa si legge:

No, no che io non mi pento. È vero. Sono colpevole. Ma dispiace che la signora Simonetta Sciandivasci voglia farmi una (legittima) predica non sul mio reprensibile comportamento, ma sul metodo di conoscenza proprio del mio mestiere.

Poi il politico precisa di essere stato chiamato dall’artista Morgan e non dal presidente Giuli:

A vedere bene, io non ero stato chiamato dal Presidente Giuli, che infatti ha introdotto, a parlare come Sottosegretario ma come comprimario (per ragioni di amicizia e anche per sottolineare in cartellone la prevalenza dello spettacolo canoro) di Morgan. E io benevolmente e umilmente ho accettato.

Come Leporello, dunque, e l’ho detto, e l’ho dichiarato, per la singolare coincidenza imposta dalla domanda di Morgan, non perché mi senta Mozart e non certamente riferendomi (non potendo prevedere le postume strumentali polemiche di dieci giorni dopo, senza nessuna reazione all’impronta) al ‘no, che io non mi pento’. Questo posso dirlo ora e, per logica, sentendomi Don Giovanni, non Mozart.