Paolo Banchero ha chiare origini italiane. Nome e cognome non mentono. È altrettanto vero che il giocatore non ha mai trascorso un periodo di vita nel nostro paese, per cui la scelta di rappresentare Team USA – nonostante le numerose dichiarazioni rilasciate in favore della compagine di coach Pozzecco – è arrivata al termine di un percorso quasi naturale. Detto questo, Banchero ha mostrato di essere un giocatore di primo rango in NBA, vincendo il Rookie of The Year e diventando un simbolo degli Orlando Magic che nei prossimi anni cercheranno di essere davvero competitivi per arrivare quantomeno ai Playoff.
Paolo Banchero intervistato da Sky, dalle sue origini italiane al football americano come sport principe
Banchero è stato intervistato nella giornata odierna da Sky Sport. Nel corso della lunga chiacchierata, il giocatore ha toccato diversi argomenti, partendo – come detto – dal suo legame con l’Italia e dalla provenienza dei suoi avi:
È la prima volta che vengo in Italia. Tutti sanno che parte della mia famiglia proviene da questo Paese e io ho sempre sognato di visitarlo. Essere qui è davvero speciale per me. La mia famiglia arriva dal Nord Italia, da Genova, e mio padre mi ha sempre parlato delle mie origini. Il mio nome negli Stati Uniti è unico. Crescendo mi sono accorto che nessuno si chiamava come me. Ero curioso, volevo sapere perché mi chiamassi così, per questo mio padre mi ha raccontato delle mie origini, di quel ramo di famiglia che avevo in Italia e di cosa ne era stato. Da quel momento mi ha sempre intrigato l’idea di venire qui e saperne di più.
Quindi, Paolo ha chiarito che prima del basketball ha coltivato la passione viscerale per il football americano. Questo il suo commento a riguardo:
Il football americano è stato il mio primo grande amore, anche se sono cresciuto giocando a basket. Mio padre giocava a football. Quando ho cominciato, da subito ero abbastanza bravo, mentre ho dovuto lavorare molto di più per migliorare nel basket. Su un campo da football tutto mi riusciva più naturale. È stato il mio primo amore, sono cresciuto amandolo, giocandoci con i miei amici, guardandolo in tv. Ancora adesso lo seguo spesso. Quando sono arrivato al liceo però ho iniziato a crescere molto e dopo il mio primo anno ho dovuto smettere perché ho raggiunto i 2.03 metri: stavo iniziando a giocare a basket in maniera più seria, e quando arrivi a una certa altezza diventa difficile stare su un campo da football. Così, grazie al basket, ho iniziato a partecipare a diversi campionati nazionali in tutta America e ho iniziato a costruire una certa notorietà. Sono stato reclutato da parecchie scuole e questo mi ha dimostrato che il mio sogno non era poi così lontano. La gente ha iniziato a dirmi che avevo una chance di andare in NBA e quando mi son convinto che quella opportunità c’era allora ho scelto di crederci fino in fondo, e lavorare il più duramente possibile per arrivare dove sono adesso.
Poi, l’approfondimento del suo primo anno in NBA – come detto – tra Rookie of The Year e scelta di giocare per Team USA, argomento non approfondito durante il talk odierno:
L’ultimo anno è trascorso velocissimo, e sono successe tantissime cose, dall’essere stato la prima scelta al Draft al titolo di rookie dell’anno. È successo tutto molto rapidamente ma ho imparato molte cose. Sto vivendo il mio sogno: se qualcuno mi avesse detto a 13 o 14 anni che sarei diventato la prima scelta al Draft, probabilmente l’avrei guardato come se fosse pazzo e avrei riso, perché mi sarebbe sembrata una cosa fuori da questo mondo anche solo pensarlo. Ma restando concentrati, lavorando duro, le cose sono successe in maniera naturale, Dio aveva un piano per me e sono stato fortunato a farcela. La serata del Draft non la dimenticherò mai. Essere selezionato, sentire il commissioner NBA pronunciare il mio nome è stata la realizzazione di un sogno. Ho pianto di gioia per la prima volta. Non avevo mai provato emozioni del genere. Mi ricordo tutto di quello che è successo quella sera, le persone dei Magic che ho incontrato, la conversazione col mio allenatore al telefono, ricordo tutto in maniera così vivida. È stato un momento fantastico.