Giordano è un attivista di Ultima Generazione e in questa intervista esclusiva a Tag24 parla dell’ultima azione di sensibilizzazione sul “collasso climatico“. Alcuni attivisti, il 3 luglio, si sono cosparsi di pomodoro e mirtilli davanti al Battistero di Firenze, anche per mostrare vicinanza ad altri due attivisti di Ultima Generazione condannati dallo Stato del Vaticano a 9 mesi di reclusione e 28mila euro di multa.
Ci sono secondo te punti di contatto fra le parole del Pontefice nella sua enciclica e le vostre campagne informative?
Sicuramente su questa azione di stamani il riferimento è propriamente esplicito, nel senso che il Santo Padre ha espresso fondamentalmente un invito ai cittadini ad attivarsi e a difendere la casa di tutti, inteso come pianeta, e effettivamente è poi paradossale il fatto che i cittadini che si sono attivati durante l’azione a Città del Vaticano, due cittadini che si sono incollati con la mano al basamento della statua del Laocoonte, a cui a capo è fondamentalmente il Santo Padre, vengano condannati a 9 mesi di reclusione – ora è sospesa – più 28mila euro di multa, quando loro si sono attivati appunto per proteggere la nostra casa, quindi seguendo le parole del Santo Padre, insomma è un po’ paradossale poi che ci sia stata questa azione… Sarebbe interessante sapere cosa ne pensa davvero il Papa a proposito di questa sentenza e cosa pensa dell’azione dei cittadini preoccupati e che manifestano per chiedere appunto la giustizia climatica e quindi c’era un chiaro riferimento su questo.
Sì, non a caso è stato scelto anche come luogo un simbolo comunque di tipo religioso, il Battistero, quindi c’era un collegamento diretto: normalmente la maggior parte delle nostre azioni comunque si rivolge al governo italiano, perché è il governo italiano che rappresenta noi italiani e a rispondere alla nostra richiesta di interrompere i sussidi pubblici ai combustibili fossili e dirottare questi soldi, si parla di circa 40 miliardi di euro, ad altri bisogni di noi cittadini probabilmente molto più impellenti.
Secondo te c’è qualche differenza nella risposta delle autorità italiane e di quelle vaticane?
Rispetto all’azione del Vaticano c’è da riconoscere che si parla di uno stato diverso, quindi questa era ovviamente nello stato italiano e il Vaticano è uno stato a parte da questo punto di vista, però, ecco, la reazione in realtà mi sento di definirla abbastanza simile. Quella di Città del Vaticano è stata comunque una forma abbastanza repressiva da parte delle istituzioni se poi si considera la condanna che hanno ricevuto i due cittadini, perché, insomma, per quello che è stato il gesto, totalmente non violento, fino a 9 mesi di reclusione, è un’ammenda molto alta e anche perché poi si parlava di danni reali per eliminare la colla dal basamento, qualcosa come qualche migliaia di euro, 3000 euro, poi gli altri non si è capito bene, danni morali…
Certo, fa un po’ pensare, e effettivamente anche lo stato italiano nella maggior parte dei casi a livello di istituzioni s’è posto in modo molto repressivo, con l’utilizzo strumentale verso la campagna di Ultima Generazione del foglio di via, come strumento per disincentivare l’azione. Comunque spesso ci vengano contestati reati anche più gravi rispetto a quelli che normalmente dovrebbero configurarsi: per esempio, per i nostri imbrattamenti che abbiamo fatto su alcune opere d’arte, ci è stato contestato il danneggiamento, che è un reato ben più grave dell’imbrattamento, il danneggiamento si configura quando c’è un danno permanente al bene, nel nostro caso di danneggiamenti c’è stato sempre il bene recuperabile e quindi non si capisce perché dare la sanzione penale più alta che non ha corrispondenza reale, oppure, un altro esempio, la proposta da parte della questura della sorveglianza speciale ad un nostro attivista, Simone Ficicchia, e questo fa un pochino pensare, evidentemente ciò che portiamo è molto fastidioso quindi la maggior parte della politica si pone in modo molto repressivo, almeno nel nostro paese.
Come hanno reagito i passanti quando hanno visto la vostra azione dimostrativa?
Più che altro non abbiamo fatto grosse azioni a Città del Vaticano, è difficile fare un paragone, però quello che abbiamo riscontrato effettivamente è che l’atteggiamento del comune cittadino che osserva poi l’azione, cambia molto rispetto al tipo di azione; noi comunque facciamo tutte una serie di azioni che vanno a polarizzare l’opinione pubblica, molti sono contrari ai gesti che facciamo: magari non è il messaggio, ma la modalità spesso viene un po’ criticata.
Quello che sicuramente genera il dissenso più forte, da parte di chi lo subisce, ma è anche comprensibile, sono i blocchi stradali: ce ne sono stati in abbondanza a Roma, azioni come l’imbrattamento di un’opera d’arte o azioni come ad esempio quella di oggi che è fondamentalmente dimostrativa perché ci siamo solo autoimbrattati, a parte macchiare un pochino l’asfalto della strada con della salsa di pomodoro, in realtà in questo caso spesso si osserva chi esprime anche appoggio verso quella che era la forma di protesta e oggi dal pubblico ci sono state persone che ci hanno sostenuto e quindi con i blocchi stradali accade rarissimamente.
Probabilmente una sensibilizzazione maggiore c’è da parte dei cittadini non tanto perché piano piano vengono riconosciute di più anche le nostre azioni, siamo spesso in televisione, se ne parla di quello che facciamo, ma credo che i cittadini si stiano avvicinando proprio perché vedono le prime avvisaglie del pericolo legate al cambiamento climatico, ci sono state persone che magari si sono viste razionare l’acqua la scorsa estate, oppure agricoltori che hanno perso parte di quei raccolti e quindi probabilmente si sentono vicini a questo tema, magari sono più pronti a sostenerci, e questo è un movimento che in quanto a numeri sta crescendo e sicuramente questo è un fatto importante.
Quali sono i prossimi obiettivi delle vostre campagne?
Difficile fare una previsione, noi abbiamo sempre un confronto continuo anche con la rete A22, che è una rete internazionale di altri movimenti che portano avanti una strategia di disobbedienza civile, al momento rimaniamo abbastanza sul target di azioni che vanno a mirare le istituzioni in quanto noi ci rivolgiamo alle nostre istituzioni, poi rimane comunque la dinamica dei blocchi stradali e come sfruttare, utilizzare un simbolo dell’arte per veicolare comunque un messaggio, potenziare anche eventualmente quello che è un nostro utilizzo di allarme, certo…
Aggiungo una postilla perché si dice sensibilizzazione: certo, facciamo anche sensibilizzazione, ma non è la nostra priorità, noi riteniamo che ci sono figure preposte a fare sensibilizzazione molto più esperte di noi. Se si parla di collasso climatico, mi viene in mente la scienza, figure come quella di Mercalli e Mario Tozzi, che hanno tutto delle competenze scientifiche, degli studi per cui possano parlare di questo, noi ci rifacciamo agli studi che sono pubblicati su tutti i siti, quello che noi vogliamo in realtà poi portare è il messaggio, prima della sensibilizzazione, l’idea che dobbiamo attivarci come cittadini per chiedere un cambiamento su questi argomenti e poi vediamo che più efficace con figure diverse da noi. La prima domanda che ci dovrebbe essere fatta è “No, ma qual è la vostra competenza di dire che questo è il problema, che queste sono le possibili soluzioni”: le possibili soluzioni noi le vogliamo far discutere al governo e ai cittadini, anche perché poi spesso si riduce sempre il pensiero di dire “Ah ma gli attivisti, i cittadini che protestano dovrebbero proporre soluzioni”…
In realtà nella nostra democrazia i cittadini hanno il diritto e il dovere di manifestare quelli che sono i loro bisogni e di chiedere di creare delle strategie, appunto, politiche per soddisfarle: è questo il dovere di chi ci governa: ascoltare i cittadini e fare le politiche adatte ai loro bisogni, sennò non ha significato che siano lì, perché è quello il loro dovere! Se dobbiamo pensare noi cittadini alle soluzioni ai nostri problemi, allora i politici che ci stanno a fare? Noi cittadini facciamo delle assemblee e decidiamo noi, il concetto è un po’ quello, in pratica si cade in una lettura che non è molto conforme al nostro stato di democrazia.
Vuoi aggiungere qualcosa?
L’unica cosa che mi sento di dire è perché io ho scelto la strategia della disobbedienza civile, cos’è per me la disobbedienza civile, poi la tematica della non violenza civile sarebbe un campo grande da discutere: il blocco stradale è percepito come una violenza da chi lo subisce, perché mi blocchi, non posso andare a lavoro, non posso tornare a casa dalla mia famiglia, quindi effettivamente è quello che dovrebbe essere la non violenza, una limitazione della libertà, non violento perché non c’è la volontà di fare del male, ovviamente, alle persone, perché non è una lotta armata, perché è una definizione un po’ soggettiva…
Per me, la disobbedienza civile è un modo per mettere in discussione il sistema: io sento di vivere in un sistema che non risponde efficacemente ad un problema e ai miei bisogni, quindi attraverso queste azioni concrete, pratiche, io tra virgolette ne metto in discussione il funzionamento, e per farlo devo infrangere delle leggi, costumi sociali, anche valori… Il senso è prendere un’opera d’arte per veicolare un messaggio, per potenziarlo, però l’opera d’arte, come senso comune, è un bene da tutelare, non deve essere toccato, deve essere protetto, ci deve essere un modo per dare un messaggio, è anche lì dare un messaggio che è un valore, no, che ormai è assimilato, che è un bene che va protetto, ma non è che c’è la fruizione di tipo diverso spesso, e invece, boh, perché no…
Comunque c’è l’attenzione a non danneggiare il bene, è chiaro che ci deve essere un motivo valido, di interesse collettivo e queste sono tutte riflessioni che uno può fare anche per dire: “Beh, forse un modello diverso può esistere, si può costruire” e anche perché poi se vogliamo creare una società che è ecosostenibile probabilmente dobbiamo adottare un modello sociale, economico diverso, quindi dobbiamo riflettere su come questo potrebbe essere fattibile.