E’ rientrato ieri a Bologna dopo due giorni di fitti incontri con autorità civili e religiose di Mosca, il cardinale Matteo Zuppi. Una “missione impossibile” che è tuttavia riuscita ad aprire alcuni canali di negoziati umanitari sul versante russo della guerra contro l’Ucraina.
Missione di pace di Zuppi a Mosca
Ma la “missione di pace” è solo all’inizio. “I risultati della visita saranno portati alla conoscenza del Santo Padre, in vista di ulteriori passi da compiere, sia a livello umano che nella ricerca di percorsi per la pace”, spiegano in Segreteria di Stato. Dove, “passi ulteriori” significa -come spiegava il Segretario di Stato, Pietro Parolin- che, dopo i canali di dialogo aperti con Kiev (il 5 e 6 giugno) e ora con Mosca: “Non si esclude nessun altro interlocutore. Ci sono gli Stati Uniti, c’è la Cina…”.
La via è ancora lunga, come del resto sarà ancora lunga la guerra. Negli incontri del cardinale Zuppi a Mosca c’è da segnalare, in particolare, quello con il Patriarca di tutte le Russie Kirill, che ha accolto la delegazione vaticana con un sorriso e parole confortanti, quando salutando Zuppi, ha detto che: “Il porporato è accompagnato da fratelli che conosco bene”, riferendosi anche al vice-presidente di Sant’Egidio, Adriano Roccucci, che è il Direttore del Centro interuniversitario di ricerca sulla Russia contemporanea, e che ha fatto da traduttore nello scambio delle battute.
L’incontro ha segnato l’inizio di un disgelo tra il Patriarca ortodosso (che ha sempre benedetto l’invasione russa) e il Papa; disgelo necessario per qualunque passo in avanti. “Le Chiese –ha riconosciuto Kirill- possono lavorare insieme per servire la causa della pace e della giustizia. E’ importante che tutte le forze del mondo si uniscano per prevenire un grande conflitto armato”.
Ma, “la Chiesa non è ingenua -ha dichiarato successivamente l’inviato del Papa, durante la messa celebrata giovedì sera in latino nella cattedrale cattolica di Mosca-. Ricorda e non confonde le responsabilità…ma tiene accesa la speranza nel buio delle tenebre”.
I segnali di apertura
Segnali di una qualche apertura sono stati registrati, però, anche sul versante civile. Come nel secondo, inaspettato, incontro di ieri dell’inviato di Francesco con Yuri Ushakov, il consigliere di Putin, che ha espresso “alto apprezzamento” per la posizione “equilibrata e imparziale del Vaticano”, aggiungendo: “Abbiamo concordato che il cardinale riferirà a Papa Francesco le sue impressioni sui negoziati di Mosca e che, se ci saranno altre proposte, noi saremo pronti a discuterne. Rimarremo in contatto e poi vedremo cosa si può fare”.
Il riferimento è alla “mediazione umanitaria” tentata da Zuppi nella sua missione moscovita, incentrata sugli scambi di prigionieri (già favoriti nei mesi scorsi dalla diplomazia della Santa Sede), e soprattutto sul ritorno dei bambini ucraini (ben 19.489 secondo il governo ucraino) deportati in Russia.
Di questo l’inviato del Papa aveva parlato con la commissaria per i diritti dei bambini, Maria Lvova Belova, sulla quale pende un mandato di cattura, assieme a Putin, da parte della Corte penale internazionale di Strasburgo, proprio a causa della deportazione dei bambini. E anche qui, nonostante l’estrema difficoltà della situazione, sembra si sia aperto un canale concreto di collaborazione.
Ma sono un buon segno anche le parole pronunciate a riguardo dal ministro degli Esteri Sergej Lavrov: “E’ noto l’elenco dei bambini che ora si trovano in territorio russo, nessuno nasconde i loro nomi o dove si trovano. E se ci sono genitori o parenti diretti, hanno tutto il diritto di prenderli”. Piccoli ma importanti segnali di luce in un panorama reso ancora più fosco dalla distruzione da parte dei russi della diga di Nova Kakhovka, e dalla oscura vicenda della tentata rivolta del leader della Wagner, Prigozhin.
Raffaele Luise