Il momento chiave dell’intero Consiglio europeo è andato in scena all’ottavo piano dell’Europa Building. Nella sala della delegazione italiana, su dei divanetti, erano seduti Giorgia Meloni, Mateusz Morawiecki e Viktor Orban. I primi due per l’intera riunione hanno tenuto sotto scacco i leader Ue opponendosi alle conclusioni sul patto sulla migrazione già siglato a Lussemburgo. La prima era stata da poco investita dell’arduo ruolo di mediatrice con i due leader sovranisti. “Era una missione in salita”, avrebbero osservato poi qualificate fonti europee. E la mediazione, infatti, non è riuscita. Il capitolo sulla migrazione è stato stralciato dal testo delle conclusioni e sostituito con una dichiarazione del presidente del Consiglio Ue Charles Michel. Che ha ribadito con nettezza la necessità di finalizzare il patto, ma “prendendo nota” del veto di Varsavia e Budapest.
Il tentativo di Giorgia Meloni
Il tentativo di Giorgia Meloni è arrivato sulla base di una duplice spinta. Quella della stessa premier, che voleva convincere in zona Cesarini Morawiecki e Orban. E quella di Michel e degli altri leader, che avevano puntato sulla vicinanza politica di Meloni soprattutto al premier polacco. Alla fine la premier ha comunque assolto i due omologhi: “Non sono mai delusa da chi difende gli interessi delle proprie nazioni. La questione che pongono polacchi e ungheresi non è peregrina, sono i due Paesi che si stanno occupando più di profughi ucraini, lo fanno con risorse Ue che non sono sufficienti”, ha spiegato Meloni al termine del summit. Puntando ancora di più su quello che, per l’Italia, era e resta la vera priorità: il contrasto ai movimenti primari. “L’unica vera mediazione è la dimensione esterna della migrazione, su quello ci può essere l’accordo di tutti”, ha puntualizzato. Con i cronisti Meloni si è detta “molto soddisfatta” del ruolo da “protagonista” di Roma e del Consiglio europeo in tutte le parti delle conclusioni, inclusa quella in cui si fa riferimento alla “flessibilità dei fondi di Coesione e del Pnrr, che ci permetterà di spendere meglio circa 300 miliardi”. La premier ha poi negato ogni ombra sui dossier economici. Sull’ok alla terza rata “non c’è alcun aggravamento”, mentre il tema del Mes “non mi è stato posto, evidentemente qui non c’è l’attenzione che c’è nel dibattito italiano”, ha sottolineato. In realtà, su entrambi i dossier, Ue e Italia trattano. E dopo il duro intervento alle Camere prima di volare a Bruxelles, la stessa Meloni ha smorzato i toni. Del resto non era l’economia il cuore dell’agenda del vertice Ue che si è incagliato sul patto sui migranti.