Chi era Nahel e perché la sua morte ha sollevato così tante proteste in Francia? Il 17enne, residente nel quartiere Vieux-Pont di Nanterre, un sobborgo di Parigi, stava studiando per diventare elettricista. Il 27 giugno scorso è stato ucciso con un colpo d’arma da fuoco da un poliziotto – poi tratto in arresto -, per non essersi fermato a un posto di blocco, come gli era stato richiesto. Nel corso delle manifestazioni organizzate dopo la sua uccisione già oltre 600 persone – perlopiù tra i 14 e i 18 anni d’età – sarebbero finite in manette. Nelle prossime ore il governo potrebbe decidere di dichiarare lo stato d’emergenza.
Chi era Nahel, il 17enne ucciso da un agente di polizia in Francia
Aveva appena compiuto 17 anni, Nahel M., il giovane che martedì mattina è stato freddato con un colpo d’arma da fuoco dopo essere fuggito ad un alt della polizia a Nanterre, il sobborgo di Parigi dove viveva con sua madre. Chi lo conosceva lo ricorda come un “bravo ragazzo”. Stava studiando per ottenere il diploma da elettricista, nel quartiere Vieux-Pont, dove si allenava, da poco, con una squadra di rugby. Il suo sogno era farsi strada nel mondo lavorativo sfruttando un progetto legato allo sport. Nel tempo libero, per guadagnarsi da vivere, faceva il fattorino, consegnando gli ordini di un noto fast-food ai clienti.
Già in passato, secondo quanto riportano fonti locali, avrebbe rifiutato di fermarsi a un posto di blocco. Per questo, tra qualche mese, avrebbe dovuto presentarsi in tribunale. Non lo farà, alla fine: il proiettile che lo ha raggiunto all’altezza del cuore non gli ha lasciato scampo, facendolo morire sul colpo. Per la sua morte l’agente di polizia Florian M., 38 anni, è stato tratto in arresto e posto in custodia cautelare. Dal carcere ha chiesto scusa alla famiglia della vittima, facendo sapere di essere straziato per l’accaduto.
Non si alza la mattina per ammazzare la gente. Non voleva uccidere,
ha riferito il suo legale, l’avvocato Laurent-Franck Lienard. Nelle scorse ore, attraverso il suo profilo Facebook, aveva dichiarato:
Il mio cliente è andato in prigione per aver sparato un colpo che pensava fosse necessario sparare con l’arma che gli era stata consegnata dallo Stato per garantire la sicurezza sua e dei suoi concittadini.
Più di 600 persone arrestate nel corso delle proteste seguite all’omicidio
In molti, come la madre di Nahel, pensano che il giovane possa essere stato preso di mira per “motivi razziali“, solo perché “arabo”. E che l’intenzione del poliziotto fosse proprio quella di ucciderlo. Perché, altrimenti, avrebbe sparato a distanza così ravvicinata? E, perdipiù, mirando al torace? Non se lo spiegano in alcun modo i giovani che, per tre notti, si sono riversati sulle strade parigine scagliandosi, per protesta, contro cassonetti, auto, vetrine, mezzi pubblici, incendiandoli o danneggiandoli, in una vera e propria guerriglia urbana.
Negli scontri con la polizia in più di 600, in gran parte tra i 14 e i 18 anni d’età, sarebbero stati arrestati. Ma la situazione sembra essere destinata a peggiorare. Per questo, verso le 13 di oggi, 30 giugno, Macron presenzierà a una nuova riunione della cellula di crisi, per valutare la dichiarazione dello stato d’emergenza, come richiesto dai partiti di destra ed estrema destra. Sarebbe un modo per fronteggiare le manifestazioni, che appaiono sempre più violente.
“Giustizia per Nahel“, recitano gli striscioni apparsi sui muri di molte città, ma anche: “Rivolta per Nahel”, “Vendetta per Nahel”. La sua morte ha riacceso i riflettori sul tema, già attuale, dell’uso e abuso del potere da parte delle forze di pubblica sicurezza.
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